sabato 15 marzo 2008

L´inchiesta.Sicilia, la sanità regno dei boss

di ATTILIO BOLZONI
Le mani sulla sanità
.Ostetrici, cardiologi, anestesisti, infermieri: più di 50mila
Adesso sono 51.347 i dipendenti del servizio sanitario regionale della sicilia. Un popolo intero in camice bianco. Va a loro la gran parte di quei 7 miliardi e 851 milioni che è il bilancio della più grande industria dell´isola, la più grande bottega di compravendita di voti dell´Italia che sta sotto Roma, il più grande apparato di sperpero del bacino mediterraneo. Per risanare i suoi conti la Sanità siciliana dovrà pagare cambiali fino al 2027. E in Sicilia si sfornano 53 milioni di ricette l´anno.
Sono sempre loro. Le stesse facce, sempre gli stessi nomi. Lasciano un regno solo per impossessarsi dell´altro. È come nel gioco dell´oca, un percorso a spirale. Dalla Asl 6 passano alla Asl 8, dalla 4 finiscono alla 2 per poi tornare ancora alla Asl 6 o magari alla 9. Ospedale dopo ospedale fanno tribù. Direttori generali. Direttori sanitari. Direttori amministrativi. Hanno incarichi a vita, eterni. Un giorno sono saliti su quella giostra che è la Sanità pubblica siciliana e non sono scesi più.
Se nella disgraziata Calabria c´è una violenza e una brutalità da brivido, in Sicilia è l´orgia del potere. Incarichi da favola. Appalti corsari. Sprechi insolenti, primari boss e boss primari, ospedali finti per malati veri. E poi assunzioni, sempre assunzioni, ancora assunzioni. Gli ultimi settantotto hanno preso servizio venerdì primo febbraio. Nei dodici mesi precedenti ne avevano reclutati 3558. Ostetrici. Cardiologi. Anestesisti. Farmacisti. Infermieri. Portantini. In tutto sono diventati 51.347 i dipendenti del servizio sanitario regionale. Un popolo intero in camice bianco. Va a loro la gran parte di quei 7 miliardi e 851 milioni che è il bilancio della più grande industria dell´isola, la più grande bottega di compravendita di voti dell´Italia che sta sotto Roma, il più grande apparato di sperpero del bacino mediterraneo. Per risanare i suoi conti la Sanità siciliana dovrà pagare cambiali fino al 2027. È un colosso al collasso.
Spendono per dissipare. E rubano anche. «Abbiamo calcolato che il 30 per cento del bilancio è solo mafia e malaffare», denuncia Renato Costa, responsabile di Medicina Nucleare al Policlinico di Palermo e segretario regionale della Cgil medici. E il resto, l´altro settanta per cento? Costa fa un paragone molto interessante con il Veneto. La popolazione è sui 5 milioni come in Sicilia, la spesa è pressappoco uguale, un governo di centrodestra c´è là e uno di centrodestra c´è qua, 27 le aziende sanitarie nell´isola e 22 in Veneto. «Però», dice il sindacalista, «però la Sanità veneta è ai migliori livelli europei e la nostra no: cosa non funziona allora in Sicilia se le entrate sono le stesse e la qualità dei servizi erogati è così diversa?».
Cominciamo dalla spesa farmaceutica per scoprire cosa non funziona. Bilancio dopo bilancio gonfia sempre di più. È arrivata adesso a un miliardo e 330 milioni di euro, la più alta d´Italia se si contano gli abitanti. In Sicilia si sfornano 53 milioni di ricette l´anno. Un medico di Agrigento, in un pomeriggio, ne ha firmate da solo 191. Un altro ha prescritto in un giorno 140.975, 83 euro in ricette per un raro farmaco coaugulante prodotto soltanto in Germania. In una settimana sono state consegnate - sempre ad Agrigento - milletrecento confezioni di pillole anticoncezionali. A pazienti maschi.
Chi firma queste ricette fasulle? Sono in tanti. A fine gennaio Giuseppe Toscano, procuratore aggiunto di Siracusa, ha spedito 640 avvisi di garanzia contro medici, direttori di case di cura e farmacisti. C´erano decine e decine di siracusani che per niente finivano ricoverati in due lussuose cliniche della città, sulla carta erano imbottiti di farmaci. I carabinieri dei Nas li hanno rintracciati uno per uno. Una truffa. Tanto la Regione paga. Paga sempre.
«L´assessorato alla Sanità spende da solo molto di più di quanto spendono tutti gli altri assessorati regionali compresa la Presidenza», scrivono i magistrati della procura generale della Corte dei Conti.
Come spende lo rivelano le fatture. Una siringa in un reparto del Policlinico di Palermo costa 40 centesimi e in un altro reparto, che è a venti metri di distanza, quella siringa costa 1 euro e 20 centesimi. Un pace maker l´ospedale Garibaldi di Catania lo acquista a 2 mila 915 euro, l´ospedale Vittorio Emanuele di Catania lo paga 780 euro. È della stessa marca, dello stesso modello. Al Civico di Palermo i guanti sterili li comprano a 20 centesimi l´uno, all´azienda ospedaliera di Ragusa a 25 centesimi.
Chi è a capo di questo delirio siciliano? Chi è che comanda e che manovra nelle Asl, negli ospedali, nell´assessorato che si ingoia tutti quei miliardi di euro? Sono loro, sono i padroni immortali di questo schifo che è la Sanità siciliana, la tribù, il clan dei manager. Il mondo delle Asl gira intorno a loro e loro girano intorno a se stessi.
Il manager più famoso è un pensionato della Regione. Elegantissimo, morbido anche con il suo peggiore nemico, adesso è ad Agrigento. Direttore generale dell´ospedale San Giovanni di Dio. Si chiama Giancarlo Manenti, è al cento per cento uomo di Totò Cuffaro. Prima era direttore generale a Villa Sofia, a Palermo. E ancora prima era direttore generale all´Asl 6, un bacino ospedaliero di un milione e 100 mila utenti, il più grande d´Italia. All´Asl 6 ora c´è Salvatore Iacolino, messo lì dal coordinatore regionale di Forza Italia Angelino Alfano al posto di Guido Catalano - fedelissimo di Gianfranco Micciché - che da Palermo è stato mandato a fare il capo all´ospedale Sant´Antonio Abate di Trapani. A Villa Sofia - dove c´era Manenti - c´è un altro prestanome di Cuffaro, Nino Bruno, che prima era all´Asl 4 di Enna. All´Asl 3 di Catania c´è Giuseppe Navarria, direttore generale in bilico fra Pino Firrarello di Forza Italia e Raffaele Lombardo del Movimento per l´Autonomia. Navarria era stato direttore generale all´ospedale Cannizzaro e anche al Garibaldi. Tutto targato Lombardo è suo cognato Ciccio Iudica, ora all´Asl 4 di Enna e prima a quella di Caltagirone. Gianfranco Micciché ha voluto Fulvio Manno prima all´Asl di Trapani e poi a quella di Ragusa, Corrado Failla - metà Udc e metà Forza Italia - l´hanno piazzato all´Asl di Siracusa e subito dopo a Caltanissetta.
Sono tutti intoccabili. Alcuni di loro sono stati già giudicati «non idonei» dalla commissione d´inchiesta del Senato. Però stanno sempre lì. Altri, per legge e ogni diciotto mesi, dovrebbero finire sotto esame dall´assessorato regionale. Una «verifica» mai fatta.
«Il problema non si ferma alla spartizione, è esattamente dopo la nomina del direttore generale e poi del direttore sanitario e poi ancora del direttore amministrativo - uno per area politica - che comincia il calvario», spiega Carlo Marcelletti, uno dei più famosi cardiochirurghi d´Europa, da otto anni a Palermo come direttore dell´Unità operativa della cardiochirurgia pediatrica del Civico. E racconta: «È dopo quelle nomine che tutto si paralizza con violente lotte intestine, i dissensi possono essere così sottili che essere per esempio uomini di Micciché non è sufficiente per poter fare qualcosa in un ospedale, si viene a creare una ragnatela, tutto è come in una camera a gas dove viene soffocato il libero pensiero».
La Sanità pubblica siciliana, negli ultimi anni, ha fatto di tutto per distruggersi e favorire quella privata. Sparse nell´isola ci sono 135 cliniche e poi anche 1826 laboratori convenzionati, tanti quanti tutti i privati delle altre regioni italiane. Nel primo governo Cuffaro erano 6 su 12 gli assessori che avevano interessi in case di cura e centri medici. Compreso naturalmente quello alla Sanità, l´illustre ginecologo Ettore Cittadini. Nella legislatura del secondo governo Cuffaro, è sterminato l´elenco degli onorevoli soci occulti in aziende sanitarie. Il deputato che dichiara più reddito all´Assemblea regionale - 455 mila euro - è Nunzio Cappadona, una clinica a Palermo e un´altra a Siracusa. È stato il governatore Cuffaro a portarlo in pompa magna nel parlamento siciliano.
E la mafia? La mafia ha scoperto quel commercio che è la Sanità prima di tutti gli altri. E primo fra i primi è stato il Padrino di Corleone. La storia affaristica di Bernardo Provenzano è lo specchio. Già nel 1981, quando gli altri boss di Palermo facevano i gagà nei nights club e andavano in giro con le scarpe sporche di cantiere - costruivano ancora palazzi - Provenzano investiva i soldi degli stupefacenti e delle estorsioni in laboratori clinici e forniture elettromedicali. Quasi trent´anni dopo si dice che Michele Aiello, il «re delle cliniche» siciliane, il primo contribuente della provincia di Palermo, sia un suo uomo di paglia. Michele Aiello era diventato ricco con le strade interpoderali ed è diventato ricchissimo con Villa Santa Teresa, una casa di cura privata di Bagheria, l´unica ad avere in tutta la Sicilia occidentale la Pet (Tomografia ad Emissione di Positroni) per la diagnosi precoce dei tumori. Villa Teresa era «accreditata» con la Regione ancora prima che gli imbianchini avessero passato l´ultima mano di pittura sulle pareti, però già si sapeva che un ciclo di radioterapia sarebbe costata lì dentro 30 mila euro invece dei 4 mila che prevedono i prontuari. Il «tariffario», Michele Aiello lo discuteva nel retrobottega di un negozio di abbigliamento con Totò Cuffaro, era il governatore in persona che trattava prezzi e prestazioni. Ogni anno Villa Teresa ha spremuto 40 milioni di euro alla Sanità siciliana. Quando Aiello è stato arrestato - e condannato un mese fa a 14 anni per associazione mafiosa - la spesa per pagare gli esami di Villa Teresa è scesa del 75 per cento.
Per raccontare fino in fondo quanto conta la Sanità in Sicilia, vi ricordiamo cosa è accaduto alla vigilia delle ultime elezioni comunali di Palermo. I candidati a un posto in consiglio erano 1464, uno su sei faceva il medico. Erano 250.

La Repubblica, 15.03.2008

Nessun commento: