martedì 22 aprile 2008

Indagine sulla sicurezza in Italia. Primo, fermare la mafia

Individuate cinque priorità nell'Indagine sulla sicurezza in Italia condotta dalla commissione Affari costituzionali della Camera: no dei cittadini al termine "microcriminalità", perché non è micro per niente, sì ai riconoscimenti per le forze dell'ordine
ROMA - Prima di tutto contrastare le mafie perché solo in Italia sono così radicate e incidono sulla politica e l'economia. Poi, eliminare il termine 'micro-criminalità' perché non è 'micro' per niente; ristabilire il primato della responsabilità personale; tutelare la dignità delle forze dell'ordine; ricostruire l'autorevolezza dello Stato garantendo anche la certezza della pena. Sono queste le "cinque priorità irrinunciabili" individuate nell'Indagine sulla sicurezza in Italia condotta dalla commissione Affari costituzionali della Camera, presieduta da Luciano Violante, presentata oggi a Montecitorio.

CONTRASTO ALLA MAFIA - Sinora infatti, si legge nella ricerca, la guerra alla criminalità organizzata non è stata per lo Stato italiano "una priorità permanente". Anzi. "Alcuni interventi legislativi sul processo penale - si denuncia nel documento - hanno reso più difficile nell'ultimo decennio l'accertamento delle responsabilità proprio nei confronti delle grandi organizzazioni criminali". Quello che è mancato sino ad ora, spiegano i commissari, "è un impegno duraturo nel tempo e non limitato al solo aspetto repressivo".

BASTA PARLARE DI MICROCRIMINALITÀ - Una quota assai rilevante dell'insicurezza, dice l'indagine, viene dalle forme definite come microcriminalità e dall'apparente incapacità di contrastarle adeguatamente. Ma questa espressione è "inadeguata" perché in realtà colpisce le persone più deboli ed esposte ed è "offensiva" perché "i cittadini devono avvertire che i reati che turbano da vicino la loro vita hanno nella considerazione delle Autorità un'attenzione adeguata e pari alla preoccupazione che suscita in loro".

RESPONSABILITÀ PERSONALE - Nessun malessere sociale può azzerare la responsabilità individuale. Farlo sarebbe un grave rischio per la democrazia. Si alimenterebbe un senso di impunità per chi delinque e di abbandono per le vittime.

DIGNITÀ OPERATORI SICUREZZA - Spesso non c'è un riconoscimento sociale e pubblico per gli operatori delle forze dell'ordine. E in una politica della sicurezza conta molto l'autorevolezza di chi opera, dal magistrato al poliziotto. Basta con i soli elogi. Servono riconoscimenti concreti.

RICOSTRUIRE AUTOREVOLEZZA STATO E INTERVENTO PUNITIVO - Si è persa l'autorevolezza dell'intervento dello Stato. Arrestare qualcuno per vederlo liberare nel giro di 48 ore non contribuisce a creare nel cittadino un senso di sicurezza adeguato. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra le garanzie per il reo, quelle della vittima e l'esigenza di sicurezza dei cittadini.
22/04/2008

Nessun commento: