martedì 1 luglio 2008

I giudici: "Michele Aiello era organico a Cosa Nostra"

PALERMO - "Michele Aiello era un imprenditore di fatto organico all'organizzazione mafiosa all'attività di imprenditore organico a Cosa nostra e costituiva per Provenzano una pedina fondamentale del suo sistema di potere". È uno dei passi dedicati dai giudici della III sezione del tribunale di Palermo che hanno celebrato il processo alle cosiddette talpe alla dda di Palermo, all'ex manager della sanità privata Michele Aiello, condannato a 14 anni di carcere per associazione mafiosa."Aiello, dunque, - scrivono i magistrati - per la mafia non era un socio di fatto o un mero prestanome ma un punto di riferimento nel settore economico-imprenditoriale, tanto da divenire, con espressione usata dallo stesso Giuffrè (collaboratore di giustizia n.d.r.), il 'fiore all'occhiellò di Provenzano e dei mafiosi di Bagheria".Quanto al fatto che l'imprenditore era soggetto alla richiesta di pizzo - argomento usato dalla difesa per definire Aiello 'vittimà di Cosa nostra - la sentenza scrive: "Fatti salvi i casi eccezionali, non poteva essere sistematicamente dispensato dal versamento della 'messa a postò, in quanto, come è noto, a tale pratica erano soggetti tutti gli imprenditori anche quelli formalmente affiliati all'organizzazione.Ma poteva essere segnalato e 'seguitò per evitargli ogni altra possibile imposizione delle varie famiglie mafiose locali a titolo di forniture di materiali, di noleggio di macchinari ed attrezzature, di piccoli sub-appalti quali il movimento terra e gli scavi ed, infine, di assunzione di personale"."L'imputato - concludono i magistrati - ha dato chiara prova di riuscire ad avvicinare e 'tenere buonì pressocchè tutti i soggetti che, in qualche modo ed a qualsiasi livello, avessero un ruolo nello svolgimento della sua attività imprenditoriale".
01/07/2008

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