venerdì 24 ottobre 2008

COMPITO IN CLASSE. Il ministra Mariastella Gelmini sotto assedio al Senato

di CARMELO LO PAPA
Il compitino lo stava leggendo con una certa convinzione, emozionata appena, comunque mettendocela tutta, tra quegli schiamazzi dai banchi alla sua sinistra e l´eco degli slogan che gli studenti urlavano nei megafoni lì fuori Palazzo Madama.
La maestrina si era presentata in classe inappuntabile, tailleur grigio, consueti occhialini very intellectual. A rovinare tutto quello sbadato dello staff ministeriale, che le ha tirato il brutto scherzo di dimenticare di segnare pure gli accenti del discorso con cui la ministra Mariastella Gelmini avrebbe dovuto difendere la sua contestatissima riforma nell´aula del Senato, mentre per le strade stava divampando la protesta.
Lei che accusa l´opposizione di aver dimenticato il libro bianco «scritto sotto l´egìda... del governo Prodi». Proprio così, il ministro dell´Istruzione, l´egìda, con accento sulla "i". «Non sai neppure dove si mettono gli accenti», «torna a studiare» esplode mezzo emiciclo in un concerto di «boooh» e sonore risate. Le donne le più inviperite. Le democratiche Fiorenza Bassoli, Maria Fortuna Incostante, Mariapia Garavaglia. «Colleghi per cortesia» interviene il presidente del Senato Renato Schifani per consentire al ministro di riprendere. E riprendersi. «Scritto sotto l´ègida...», ecco, così va meglio. Ma è solo l´inizio della corrida, in un´aula di Palazzo Madama tornata «viva» per un giorno dopo i due anni al cardiopalma della passata legislatura.
Senato, ora di pranzo, il ministro più contestato del governo, quello che i ragazzi dei cortei vorrebbero di nuovo a scuola, nella migliore delle ipotesi, si alza, schiarisce la voce e replica con intervento scritto alle contestazioni di questi giorni. Le tocca chiudere la discussione generale sul suo decreto ormai pronto per l´approvazione della prossima settimana, proprio all´indomani dell´uscita berlusconiana sulle forze dell´ordine. In un clima già surriscaldato di suo. Lei, va da sé, ci ha messo del suo per accendere ancor più gli animi, mentre i colleghi Elio Vito e Sandro Bondi restano immobili al suo fianco. Legge cose del tipo: «Avrò la tenacia della goccia che scava la pietra della demagogia», oppure, «il voto in condotta serve a riscattare gli insegnanti umiliati, spero mi siano grati», fino all´accusa più impegnativa all´opposizione, «fuori dal Senato si è scatenata una campagna terroristica che ha diffuso false informazioni». Certo, poi cita Luigi Berlinguer e si dice disponibile a incontrare gli studenti. Ma ormai la frittata è fatta. Aula in subbuglio e lei: «Ben più delle vostre proteste - replica stizzita lei - mi preoccupano le falsificazioni che sono state messe alla base di queste proteste». Caos. «Ma di che falsificazioni parli?» le urla contro Luciana Sbarbati. E Luigi Lusi: «Abbia rispetto, ministro, abbia rispetto». Il più infervorato è Costantino Garraffa, vero capo ultrà degli scranni Pd: «Gelmini santa subito», «ma faccia il ministro, se ne è capace», «bugiarda, lei è una bugiarda». Perfino la glaciale capogruppo Pd Anna Finocchiaro a un certo punto sbotta. «Guardi che la politica non è un pranzo di gala e non si può ribattere alle critiche dicendo che sono tutte bugie. Di unti del signore ne basta e avanza uno». Dalla maggioranza ci provano pure a difendere la trentenne finita nella fossa dei leoni, con sonori applausi a ogni passaggio. Ma niente. Schifani ormai interviene e richiama all´ordine di continuo. In fin dei conti, è la conclusione della Gelmini, tutti gli altri ministri dell´Istruzione «prima di me sono stati contestati». E amen. Per i senatori Pdl e Lega vale un´ovazione, tra i fischi dell´opposizione. Giù il sipario. Nel frattempo, ora dopo ora Palazzo Madama finisce sotto l´assedio degli studenti, tappa finale di cortei più o meno organizzati. I senatori del Pd si danno il cambio in staffetta per incontrarli e calmarli. Finocchiaro, Garavaglia, Franco, Bastico, il dipietrista Pardi, il dalemiano La Torre che a un certo punto impugna un megafono per calmare i più focosi. Perché dai più agguerriti piovono fischi contro chiunque esca dal Palazzo, ce n´è anche per loro del Pd che spiegano come sta andando dentro.
Tutti gli altri senatori, la gran parte, preferiscono guardare da lontano, dietro le finestre, nelle pause dei lavori. «Siete voi, siete voi, la vergogna dell´Italia siete voi!» è il coro delle centinaia laggiù. «Vergogna è permettere a questi di arrivare fin qui» commenta un capannello di senatori della maggioranza dietro una tenda. Prima che passi la richiesta del Pd Zanda di sospendere l´esame del decreto e rinviarlo a martedì, c´è anche il tempo per il primo sequestro della tessera di un pianista in aula. Soliti senatori che votano per gli assenti. Dall´opposizione urlano e additano stavolta il colpevole. Il presidente Schifani spedisce i senatori questori a sequestrare. La tessera non viene fuori. «Se la non consegnate sospendo i lavori», alza insolitamente la voce il presidente. A quel punto Carlo Sarro, Pdl, viso piantato per terra, allunga il braccio e consegna ai commessi la tesserina del vicino di banco assente, Sergio Vetrella. I lavori riprendono. Ma che figura.

Nessun commento: