sabato 30 agosto 2008

Frank Sinatra era ligure o siciliano?

Il padre del celebre cantante italo-americano era un pugile di Lercara Friddi, la madre una casalinga di Lumarzo, nella riviera ligure. Entambi sono emigrati quando il figlio aveva solo un anno. In questi anni le due città hanno deciso di gemellarsi nel nome di "The Voice" organizzando due festival musicali in suo onore
GENOVA - Genova e Palermo, uno a uno e palla al centro. Non si parla di pallone, anche se a poche ore dall'inizio del campionato, ma di note. O meglio di voci, The Voice. Frank Sinatra era più ligure o siciliano? Chiedetelo ai sindaci di Lumarzo, paese dell'entroterra genovese, e di Lercara Friddi, in provincia di Palermo. La risposta non sarà la stessa. Ma per carità non si parli di lite tra i due comuni. Anzi."Stiamo mettendo le basi per una collaborazione futura - fanno sapere dalla Regione Liguria - per un gemellaggio tra i due paesi nel nome di Frank Sinatra". Con la visita in Liguria di una delegazione della giunta siciliana a Lumarzo, in occasione della manifestazione "Hallo, Frank!", il 6 settembre.Il padre Anthony Martin (1894-1969) è un pugile siciliano, originario di Lercara Friddi, nei pressi di Palermo (ma Frank Sinatra nel 1986 durante un concerto a Milano disse che suo padre era nato a Catania), emigrato negli Usa con la sua famiglia quando aveva solo 1 anno, mentre la madre, nativa di Rossi di Lumarzo, nell'entroterra della riviera ligure di Levante, è Natalina Garaventa (1896-1977), una forte donna casalinga dagli occhi blu, divenuta poi influente quando impegnatasi in politica acquisisce credibilità coi voti degli emigranti liguri nei Democratici del North Jersey.La finta sfida a distanza ha preso il via dai natali di The Voice e da due manifestazioni organizzate in suo onore. Una a Lercara Friddi e una a Lumarzo. Il festival del paese palermitano si è già concluso qualche giorno fa. Quello di Lumarzo prenderà il via il 6 settembre.E tra gli ospiti ci saranno anche il sindaco, il vice sindaco e due assessori di Lercara. Sono stati proprio loro a contattare il comune di Lumarzo e a chiedere di potere partecipare a proprie spese all'iniziativa.
29/08/2008

Istat, arriva il crollo delle vendite al dettaglio

Il calo rispetto a giugno 2007 è del 3,4%. In crisi soprattutto la piccola distribuzione (-4,8%). Giù anche hard discount (-2,3%) e ipermercati (-1,7%)
ROMA - Le vendite al dettaglio a giugno sono diminuite dello 0,5% rispetto a maggio e del 3,4% rispetto a giugno 2007, il calo tendenziale più significativo da aprile 2005 (-3,9%). Lo rende noto l'Istat.L'istituto di statistica ricorda che i dati sul commercio al dettaglio si riferiscono al valore corrente delle vendite ed incorporano quindi la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi. A giugno l'inflazione è stata pari al 3,8%.Il calo del 3,4% rispetto a giugno 2007 deriva da una diminuzione del 2,3% delle vendite di prodotti alimentari e da un più marcato -4,1% delle vendite di prodotti non alimentari. Tra questi tutti i gruppi di prodotti hanno registrato variazioni tendenziali negative. La flessione più marcata è stata quella dei prodotti di profumeria e cura della persona (-6%), seguita da quella di giochi, giocattoli, sport e campeggio (-5,3%), da elettrodomestici, radio, tv e registratori (-5,1%) e da dotazioni per l'informatica, per le telecomunicazioni e la telefonia (-5%).Guardando alle varie forme distributive a giugno sono state soprattutto le imprese di piccola superficie a soffrire: il calo è stato per queste del 4,8%, mentre la grande distribuzione ha registrato un -1,5%. Nella gdo hanno visto scendere le vendite sia gli hard discount (-2,3%) sia gli ipermercati (-1,7%).Nei primi 6 mesi del 2008 infine il valore totale delle vendite al dettaglio è diminuito dello 0,5% rispetto al primo semestre 2007. Le vendite della grande distribuzione sono aumentate dell'1,3%, mentre quelle delle imprese operanti sulle piccole superfici hanno subito una flessione dell'1,8%. Nei 6 mesi i prodotti alimentari hanno registrato un aumento dello 0,7%, mentre le vendite di prodotti non alimentari sono diminuite dell'1,4%
La Sicilia, 29/08/2008

Baggio: io felice senza calcio. Second life per Robi il saggio

Uno dei campioni più amati rompe un lungo silenzio e racconta la sua seconda vita. A 4 anni dall'ultima partita spiega perché non vuole un "dopo" nel mondo del pallone
di IVAN ZAZZARONI
ALTAVILLA VICENTINA (Vicenza) - Passi vent'anni sperando che torni il più presto possibile e gli altri venti augurandoti che non torni più. Perché hai invocato ostinatamente il miracolo: il rientro sempre più rapido dall'infortunio sempre più grave, per la voglia di rivedere in campo le sue giocate e la sua fantasia. E perché, soltanto dopo il ritiro, hai scoperto che l'uomo con i suoi desideri più semplici aveva preso il posto del campione e delle emozioni uniche che sapeva regalare. Dalla normalità della straordinarietà alla straordinarietà della normalità: un percorso che Roberto Baggio ha saputo compiere senza ostentazioni, con umiltà e tenacia. In mutande l'avevo lasciato quattro anni fa, Milan-Brescia l'ultima partita, e in mutande me lo ritrovo di fronte in un giorno d'agosto, "nel limbo del nulla estivo". Altavilla Vicentina, una strada in salita e una mezza curva a destra prima del portone di legno: Robi è rientrato un paio d'ore fa da Asiago e ha cominciato a tagliare l'erba con una macchina moderna eppure rumorosissima. Ettari di prato all'inglese. I pantaloni li ha sacrificati al caldo e all'umidità, ha tenuto addosso soltanto una camicia verde bottiglia e un berretto calzato alla ciclista. s ul berretto è impressa una delle tante battute importate dall'Argentina, "que perro camorrero...", "che casinista...". Indimenticabile la volta in cui Robi si presentò a Lippi - stagione nervosamente interista - con la scritta "matame si no te sirvo", ammazzami se non ti servo.
Sudato, le cicatrici che gli segnano le ginocchia e raccontano la sua storia più tormentata, conserva ancora il brillantino al lobo sinistro. "Negli ultimi mesi ho ripreso qualche chilo", quasi si scusa, "colpa del vino. Quando sono a tavola non so resistere a un paio di bicchieri di prosecco bello fresco, soprattutto in giornate come questa. Se smetto per un mese, di chili ne perdo subito quattro o cinque. E poi ho un metabolismo che fa schifo: ingrasso soltanto guardandolo, il cibo. Sono fuori registro, da sempre. Quanti aerei ho perso per colpa dell'antidoping quando giocavo. Catania, Lecce, Napoli, troppe volte mi è toccato dormire fuori e rientrare da solo la mattina seguente. Finivo la partita totalmente disidratato: le funzioni riprendevano dopo sei, sette ore. Ti lascio immaginare cosa accadeva dopo una notturna. Soltanto negli ultimi due anni a Brescia sono riuscito a risolvere il problema, evitando di fare pipì nelle ore che precedevano la partita. Poi, però, mi toccava tenerla per novanta minuti". Cosa fa Baggio? come vive? quando torna? ma ha voglia di tornare? si annoia senza il pallone? davvero non gli manca? e i vuoti come li riempie? Sempre le stesse domande per quattro anni, quelli dell'assenza. Poste con un affetto e un rispetto speciali però. "Sto bene, sul serio. Questo che vedi è il mio mondo, la casa, il prato, il bosco, il capanno, gli uccelli, il magazzino. Non credo che potrei azzerare tutto per risalire sulla giostra, oggi. Un altro trasloco non è possibile e in questo momento neanche lo desidero. Siamo in cinque, devo pensare innanzitutto ai figli, diciotto, quattordici e tre anni: hanno il diritto di essere seguiti da vicino. Mi godo la libertà di guardare con fiducia a ciò che li attende. Con tutte le cose che devo fare non ho il tempo per annoiarmi, e in fondo un po' di noia l'avevo messa in conto. Mi sento padrone delle mie giornate, è una sensazione fantastica. Avevo a lungo sognato di potermi permettere una vita del genere: di non avere più presidenti, direttori, allenatori, obblighi, scadenze, orari da rispettare. Quel che dovevo fare l'ho fatto, al calcio ho dato tutto me stesso. Fin da quando ero ragazzino, domandalo a mio padre, non ho pensato ad altro. Allenamenti, ritiri, viaggi, alberghi, partite e ancora allenamenti: mi sembrava di essere Cutolo... Non ho fatto un passo indietro, ma due avanti". Soprattutto come uomo. "Non mi va di fare discorsi troppo seri ma questo pezzo di vita l'avevo preparato. Se ci pensi, in quattordici anni di amicizia e collaborazione con Vittorio (Vittorio Petrone, il suo agente, ndr) non abbiamo mai progettato una seconda carriera, un dopo nel calcio. Volevo vedere com'è il mondo, provare il gusto delle cose semplici e fare a tempo pieno tutto quello che da calciatore mi era permesso di fare per solo venti giorni all'anno. Anche frequentare gli amici: l'amicizia è il più alto valore dell'essere umano, come mi ripeteva Ikeda, il maestro". Al polso destro porta due braccialetti di gomma con la stessa scritta, "Heroes Company". Spiega che è una delle iniziative che lo impegnano maggiormente. "Un'organizzazione no profit che ho fondato con Vittorio un anno fa, settembre duemilasette. Eravamo ospiti in un villaggio a una settantina di chilometri da Vientiane, la capitale del Laos, dove avevamo portato degli strumenti didattici per combattere l'aviaria - da sei anni sono ambasciatore della Fao. Mi aveva conquistato il lavoro dei volontari, gli eroi moderni, e ho sentito il desiderio di dare una mano. Lì è nata Heroes Company. Da mesi stiamo progettando interventi di assistenza alle persone rimaste ferite in modo grave dalle mine anti-uomo, donando arti artificiali. Sogno anche di andare in Birmania per consegnare al Nobel per la Pace San Suu Kyi - agli arresti domiciliari - il riconoscimento che le hanno assegnato il presidente Napolitano e Walter Veltroni, da sindaco di Roma. È stata lei a volere che fossi io a riceverlo al suo posto. Il problema è che in questo momento sia io sia Vittorio siamo nella black list degli indesiderati dal governo birmano". Robi sembra appagato, in perfetta armonia con le cose che lo circondano. E al presente. Gli unici ritorni che si concede sono quelli dall'Argentina, dalla Pampa. Il più recente a fine luglio. Mi mostra una foto scattata dopo una battuta di caccia: la metà del cinghiale di oltre due metri che ha centrato nella notte. "Di giorno animali di queste dimensioni non li vedi. Un maschio di 168 chili, furbo, doveva averne viste di tutti i colori: conosceva il cacciatore, le cartucce, i cani, li sentiva a chilometri. Tre uscite a vuoto e finalmente l'abbiamo incrociato di nuovo. Nelle sere precedenti avevamo incontrato soltanto femmine e piccoli, e le femmine e i piccoli non si toccano. Riuscire a pensare come l'animale che stai inseguendo, anticiparne le mosse è un gioco alla pari: istinto contro istinto, esperienza contro esperienza. E siamo nel suo territorio. Sapessi quanti contadini ci chiamano per chiederci di fermare i cinghiali che devastano i loro campi... Diverse volte ho provato a spiegare il mio rapporto con la caccia, senza riuscirci. Soltanto chi la vive con il mio stesso entusiasmo e rispetto può capire". Da una prima vita costruita con i piedi a una seconda fatta con le mani, nuovi strumenti, nuovi temi, nuovi elementi. Robi colleziona gabbie per uccelli, le restaura personalmente: ne ha più di duecento. E specchietti per le allodole: ne possiede di inglesi, di francesi, dei primi del Novecento. E poi richiami, stampi, anatre di legno povero annerite col catrame: quattro appartenevano a Giacomo Puccini ("le ho trovate sul lago di Massaciuccoli dove andava a caccia"). Lavora volentieri e con insospettabile abilità il legno, ha anche rimesso a posto un barcone da pescatori acquistato a Grado. L'ha piazzato al centro di una delle tre stanze dedicate a questa sua passione. Poche le tracce di calcio, nella villa su tre livelli. Alle pareti foto di Ronaldo, Zamorano, Zanetti con Valentina e Mattia (i due primi figli di Baggio, ndr). Il Pallone d'oro ha il posto più nobile, nel corridoio che porta alla camera da letto e di fianco ai primi scarpini, del numero ventotto, che sua madre gli ha restituito trentatré anni dopo, quando Robi ne ha fatti quaranta. Le maglie ci sono tutte, riempiono una serie di armadi bianchi chiusi a chiave, di sotto, nel magazzino. "Non le ho mai mostrate a nessuno, ne avrò più di seicento, quella di Maradona ai Mondiali, di Pelé nel Santos, e poi Van Basten, Gullit, Zico, Baresi. Ho conservato anche le scarpe e le tute". Un ordine sorprendente, quasi maniacale. "Tengo dietro a tutto io. Non ho più bisogno dei fuochi d'artificio, ma neppure di sacrifici. Ricordo gli anni con Sacchi in Nazionale, ogni stagione con lui ne valeva cinque con un altro. Non staccava mai. Tra campionato e coppe giocavamo la domenica, il mercoledì e di nuovo la domenica. Ci allenavamo tutti i giorni, anche il trentuno dicembre e il primo gennaio e, insomma, lui nella settimana libera, a febbraio mi pare, si inventò gli stage alla Borghesiana. Campo, pranzo, videocassette, e ancora campo. Quando mi riusciva di scappare a casa per un giorno mi sembrava di entrare in Paradiso. La fatica era soprattutto mentale, per uno spirito libero come il mio. A Vale, a Mattia ho portato via quattordici anni di presenza". Ricicla una delle sue battute: "Leonardo, il mio più piccolo, quando mi ha visto la prima volta ha urlato: nonno!". Una doccia rapida, il codino non c'è più da un pezzo: capelli corti e grigi, comodi. Mi porta a pranzo a dieci minuti d'auto da Altavilla: da Benetti, che curiosamente si chiama Romeo, alleva gustosissimi polli ruspanti e coltiva amicizie di qualità, da Mario Rigoni Stern ("abbiamo trascorso tante giornate insieme e non mi ha mai parlato dei suoi libri, se non una volta, alla vigilia di Natale di qualche anno fa, quando sottolineò il rapporto tra la ricchezza di oggi e la miseria di allora: è stata una grande perdita") a Gian Antonio Stella, a un altro straordinario giornalista, Gigi Riva. Con noi c'è Claudio, il padre della moglie di Roberto, Andreina. Chiacchierano senza soluzione di continuità - e bevono - in veneto strettissimo, una lingua che si apre ogni tanto al calcio. "Quando Berlusconi e Galliani hanno cominciato a parlare di Ronaldinho", dice Robi, "ho capito che l'avrebbero preso. Al Milan sono fatti così, amano quel genere di giocatore: volevano costruire un blocco brasiliano e soprattutto recuperare Ronaldinho stimolandolo con la concorrenza di Kakà e Pato. Non può permettersi di arrivare terzo nel suo Brasile. Non so cosa gli sia capitato a Barcellona, ma qualcosa dev'essere successo perché a un certo punto Rijkaard non l'ha più convocato e hanno cominciato a far uscire voci su presunti dissapori con Eto'o, ai quali non ho mai creduto. Se hai Ronaldinho non lo tieni in panchina. A meno che tu non abbia un motivo molto serio. Adesso il Barcellona lo allena il mio amico Pep Guardiola: un tipo molto intelligente, gli auguro di ottenere i successi che merita. Ha iniziato alla grande, nei preliminari di Champions". Un secondo di silenzio prima di parlare di Inter. "Mancio si è tagliato la testa da solo dopo la partita col Liverpool, lì l'allenatore mi ha ricordato il calciatore. Un giocatore formidabile ma con un limite, o almeno così dice la sua storia: nelle sfide che contavano andava in difficoltà". Un'altra pausa e una sorta di affondo: "E non era, non è il solo. Rimpianti? Piuttosto pensieri che ogni tanto si riaffacciano. Il tiro al volo nella partita con la Francia ai Mondiali del '98, ad esempio. In quell'occasione Barthez scivolò ma io me ne accorsi in ritardo, quando avevo già preparato la battuta di prima intenzione. Se fossi stato più freddo, avrei segnato di sicuro e non ci avrebbe più fermato nessuno".
(La Repubblica, 24 agosto 2008)

Il discorso di Barak Obama a Denver

È con profonda gratitudine e grande umiltà che accetto la vostra nomination per la presidenza degli Stati Uniti.Lasciate anzitutto che ringrazi i miei avversari nelle primarie e in particolare colei che più a lungo mi ha conteso la vittoria – un faro per i lavoratori americani e fonte di ispirazione per le mie figlie e le vostre – Hillary Rodham Clinton. Grazie anche al presidente Clinton e a Ted Kennedy, che incarna lo spirito di servizio, e al prossimo vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden.Il mio amore va alla prossima First Lady, Michelle Obama e a Sasha e Malia. Vi amo e sono fiero di voi. Quattro anni fa vi ho raccontato la mia storia, la storia di una breve unione tra un giovane del Kenya e una giovane del Kansas, persone qualunque e non ricche, ma che condividevano la convinzione che in America il loro figliolo potesse realizzare i suoi sogni. È questa la ragione per cui mi trovo qui stasera. Perchè per 230 anni ogni qual volta questo ideale americano e’ stato minacciato, gli uomini e le donne di questo Paese – studenti e soldati, contadini e insegnanti, infermieri e bidelli – hanno trovato il coraggio di difenderlo.Attraversiamo un momento difficile, un momento in cui il Paese e’ in guerra, l’economia e’ in crisi e il sogno americano e’ stato ancora una volta minacciato. Oggi molti americani sono disoccupati e moltissimi sono costretti a lavorare di più per un salario inferiore. Molti di voi hanno perso la casa. Questi problemi non possono essere tutti imputati al governo. Ma la mancata risposta e’ il prodotto di una politica fallimentare e delle pessime scelte di George W. Bush. L’America è migliore della nazione che abbiamo visto negli ultimi otto anni.Il nostro Paese è più generoso di quello in cui un uomo in Indiana deve imballare i macchinari con i quali lavora da venti anni e vedere che vengono spediti in Cina e poi con le lacrime agli occhi deve tornare a casa e spiegare alla famiglia cosa è successo. Abbiamo più cuore di un governo che abbandona i reduci per le strade, condanna le famiglie alla povertà e assiste inerme alla devastazione di una grande città americana a causa di un nubifragio. Stasera agli americani, ai democratici, ai repubblicani, agli indipendenti di ogni parte del Paese dico una cosa sola: basta! Abbiamo l’occasione di rilanciare nel ventunesimo secolo il sogno americano. Siamo qui stasera perchè amiamo il nostro Paese e non vogliamo che i prossimi quattro anni siano come gli otto che abbiamo alle spalle.Ma non voglio essere frainteso. Il candidato repubblicano, John McCain, ha indossato la divisa delle forze armate degli Stati Uniti con coraggio e onore e per questo gli dobbiamo gratitudine e rispetto. Ma i precedenti sono chiari: John McCain ha votato per George Bush il 90% delle volte. Al senatore McCain piace parlare di giudizio, ma di quale giudizio parla visto che ha ritenuto che George Bush avesse ragione più del 90% delle volte? Non so come la pensate, ma a me il 10% non basta per cambiare le cose.La verità è che su tutta una serie di questioni che avrebbero potuto cambiare la vostra vita – dall’assistenza sanitaria all’istruzione e all’economia – il senatore McCain non è stato per nulla autonomo. Ha detto che l’economia ha fatto «grandi progressi» sotto la presidenza Bush. Ha detto che i fondamentali dell’economia sono a posto. Ha detto che soffrivamo unicamente di una «recessione mentale» e che siamo diventati una «nazioni di piagnucoloni». Una nazione di piagnucoloni. Andatelo a dire ai metalmeccanici del Michigan che hanno volontariamente deciso di lavorare di piu’ per scongiurare la chiusura della fabbrica automobilistica. Ditelo alle famiglie dei militari che portano il loro peso in silenzio. Questi sono gli americani che conosco.McCain sarà in buona fede ma non sa come stanno le cose. Altrimenti come avrebbe potuto dire che appartengono al ceto medio tutti quelli che guadagnano meno di 5 milioni di dollari l’anno? Come avrebbe potuto proporre centinaia di miliardi di sgravi fiscali per le grandi aziende e per le compagnie petrolifere e nemmeno un centesimo per oltre cento milioni di americani? Da oltre due decenni McCain è fedele alla vecchia e screditata filosofia repubblicana secondo cui bisogna continuare a far arricchire quelli che sono già ricchi nella speranza che qualche briciola di prosperità cada dal tavolo e finisca agli altri. Perdi il lavoro? Pura sfortuna. Non hai assistenza sanitaria? Ci penserà il mercato. Sei nato in una famiglia povera? Datti da fare.È ora di cambiare l’America. Noi democratici abbiamo del progresso una idea completamente diversa. Per noi progresso vuol dire trovare un lavoro che ti consenta di pagare il mutuo; vuol dire poter mettere qualcosa da parte per mandare i figli all’università. Per noi progresso sono i 23 milioni di nuovi posti di lavoro creati da Bill Clinton quando era presidente. Noi misuriamo la forza dell’economia non in base al numero dei miliardari, ma in base alla possibilità di un cittadino che ha una buona idea di rischiare e avviare una nuova impresa. Vogliamo una economia rispettosa della dignità del lavoro.I criteri con cui valutiamo lo stato di salute dell’economia sono quelli che hanno reso grande questo Paese e che mi consentono di essere qui stasera. Perchè nei volti dei giovani reduci dell’Iraq e dell’Afghanistan vedo mio nonno che andò volontario a Pearl Harbour, combattè con il generale Patton e fu ricompensato da una nazione capace di gratitudine con la possibilità di andare all’università. Nel volto del giovane studente che dorme appena tre ore per fare il turno di notte vedo mia madre che ha allevato da sola mia sorella e me e contemporaneamente ha finito gli studi. Quando parlo con gli operai che hanno perso il lavoro penso agli uomini e alle donne del South Side di Chicago che venti anni fa si batterono con coraggio dopo la chiusura dell’acciaieria.Ignoro che idea abbia McCain della vita che conducono le celebrità, ma questa è stata la mia vita. Questi sono i miei eroi. Queste sono le vicende che mi hanno formato. Intendo vincere queste elezioni per rilanciare le speranze dell’America. Ma quali sono queste speranze? Che ciascuno possa essere l’artefice della propria esistenza trattando gli altri con dignità e rispetto. Che il mercato premi il talento e l’innovazione e generi crescita, ma che le imprese si assumano le loro responsabilità e creino posti di lavoro. Che il governo, pur non potendo risolvere tutti i problemi, faccia quello che non possiamo fare da soli: proteggerci e garantire una istruzione a tutti i bambini; preoccuparsi dell’ambiente e investire in scuole, strade, scienza e tecnologia.Il governo deve lavorare per noi, non contro di noi. Deve garantire le opportunità non solo ai più ricchi e influenti, ma a tutti gli americani che hanno voglia di lavorare. Sono queste le promesse che dobbiamo mantenere. È questo il cambiamento di cui abbiamo bisogno. E sul tipo di cambiamento che auspico quando sarò presidente voglio essere molto chiaro.Cambiamento vuol dire un sistema fiscale che non premi i lobbisti che hanno contribuito a farlo approvare, ma i lavoratori americani e le piccole imprese. Il mio programma prevede tagli fiscali del 95% a beneficio delle famiglie dei lavoratori. In questa situazione economica l’ultima cosa da fare e’ aumentare le tasse che colpiscono il ceto medio. E per l’economia, per la sicurezza e per il futuro del pianeta prendo un impegno preciso: entro dieci anni sarà finita la nostra dipendenza dal petrolio del Medio Oriente. Da presidente sfrutterò le nostre riserve di gas naturale, investirò nel carbone pulito e nel nucleare sicuro. Inoltre investirò 150 miliardi di dollari in dieci anni sulle fonti energetiche rinnovabili: energia eolica, energia solare, biocombustibili. L’America deve pensare in grande.È giunto il momento di tenere fede all’obbligo morale di garantire una istruzione adeguata a tutti i bambini. Assumerò un esercito di nuovi insegnanti pagandoli meglio e appoggiandoli nel loro lavoro. È giunto il momento di garantire l’assistenza sanitaria a tutti gli americani. È giunto il momento di garantire ai lavoratori il congedo per malattia retribuito perché in America nessuno dovrebbe scegliere tra mantenere il lavoro o prendersi cura di un figlio o di un genitore ammalato. È giunto il momento di realizzare la parità salariale tra uomini e donne perché voglio che le mie figlie abbiano esattamente lo stesso trattamento dei vostri figli.Molti di questi programmi richiederanno grossi investimenti ma ho previsto la copertura finanziaria per ogni progetto di riforma. Ma realizzare le speranze americane comporta qualcosa di più del denaro. Comporta senso di responsabilità e la riscoperta di quella che John F. Kennedy definì «la forza morale e intellettuale». Ma il governo non può fare tutto. Nessuno può sostituire i genitori. Il governo non può spegnere il televisore nelle vostre case per far fare i compiti ai figli e non è mpito del governo allevare i figli con amore. Responsabilità personale e collettiva: è questo il senso delle speranze americane.Ma i valori dell’America vanno realizzati non solo in patria, ma anche all’estero. John McCain dubita delle mie capacità di fare il comandante in capo. Mi ha sfidato a sostenere un dibattito televisivo su questo tema. Non mi tirerò indietro. Dopo l’11 settembre mi sono opposto alla guerra in Iraq perché ritenevo che ci avrebbe distratto dalle vere minacce. John McCain ama ripetere che è disposto a seguire bin Laden fino alle porte dell’inferno, ma in realtà non vuole andare nemmeno nella grotta in cui vive. L’Iraq ha un avanzo di bilancio di 79 miliardi di dollari mentre noi sprofondiamo nel deficit eppure John McCain, testardamente, si rifiuta di mettere fine a questa guerra insensata. Abbiamo bisogno di un presidente capace di affrontare le minacce del futuro e non aggrappato alle idee del passato. Non si smantella una rete terroristica che opera in 80 Paesi occupando l’Iraq. Non si protegge Israele e non si dissuade l’Iran facendo i duri a parole a Washington. Non si può fingere di stare dalla parte della Georgia dopo aver logorato i rapporti con i nostri alleati storici. Se John McCain vuol continuare sulla falsariga di Bush, quella delle parole dure e delle pessime strategie, faccia pure, ma non è il cambiamento che serve agli americani.Siamo il partito di Roosevelt Siamo il partito di Kennedy. E quindi non venitemi a dire che i democratici non difenderanno il nostro Paese. Come comandante in capo non esiterò mai a difendere questa nazione. Metterò fine alla guerra in Iraq in maniera responsabile e combatterò contro Al Qaeda e i talebani in Afghanistan. Rimetterò in piedi l’esercito. Ma farò nuovamente ricorso alla diplomazia per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari e per contenere l’aggressività russa. Creerò nuove alleanze per vincere le sfide del ventunesimo secolo: terrorismo e proliferazione nucleare; povertà e genocidio; cambiamento climatico e malattie. E ripristinerò la nostra reputazione morale perchè l’America torni ad essere per tutti il faro della speranza, della libertà, della pace e di un futuro migliore. È questo il mio programma.Sono tempi duri, la posta in gioco è troppo alta perchè si continui a demonizzare l’avversario. Il patriottismo non ha bandiere di partito. Amo questo Paese, ma lo ama anche John McCain. Gli uomini e le donne che si battono sui campi di battaglia possono essere democratici, repubblicani o indipendenti, ma hanno combattuto insieme e spesso sono morti insieme per amore della stessa bandiera. Il compito che ci aspetta non è facile. Le sfide che dobbiamo affrontare comportano scelte difficili e sia i democratici che i repubblicani debbono abbandonare le vecchie, logore idee e la politica del passato. Negli ultimi otto anni non abbiamo perso solamente posti di lavoro o potere d’acquisto; abbiamo perso il senso dell’unità di intenti.Possiamo non essere d’accordo sull’aborto, ma certamente tutti vogliamo ridurre il numero delle gravidanze indesiderate. Il possesso delle armi da fuoco non è la stessa cosa per i cacciatori dell’Ohio e i cittadini di Cleveland minacciati dalle bande criminali, ma non venitemi a dire che violiamo il secondo emendamento della Costituzione se impediamo ai criminali di girare con un kalashnikov. So che ci sono divergenze sul matrimonio gay, ma sono certo che tutti siamo d’accordo sul fatto che i nostri fratelli gay e le nostre sorelle lesbiche hanno il diritto di fare visita in ospedale alla persona che amano e hanno il diritto a non essere discriminati. Una grande battaglia elettorale si vince sulle piccole cose.So di non essere il candidato più probabile per questa carica. Non ho il classico pedigree e non ho passato la vita nei Palazzi di Washington. Ma stasera sono qui perchè in tutta l’America qualcosa si sta muovendo. I cinici non capiscono che questa elezione non riguarda me. Riguarda voi. Per 18 mesi vi siete impegnati e battuti e avete diffusamente parlato della politica del passato. Il rischio maggiore è aggrapparsi alla vecchia politica con gli stessi vecchi personaggi e sperare che il risultato sia diverso. Avete capito che nei momenti decisivi come questo il cambiamento non viene da Washington. È Washington che bisogna cambiare. Il cambiamento lo chiedono gli americani.Ma sono convinto che il cambiamento di cui abbiamo bisogno è alle porte. L’ho visto con i miei occhi. L’ho visto in Illinois dove abbiamo garantito l’assistenza sanitaria ai bambini e dato un posto di lavoro a molte famiglie che vivevano con il sussidio di disoccupazione. L’ho visto a Washington quando con esponenti di entrambi i partiti ci siamo battuti contro l’eccessiva invadenza dei lobbisti e quando abbiamo presentato proposte a favore dei reduci. E l’ho visto nel corso di questa campagna elettorale. L’ho visto nei giovani che hanno votato per la prima volta, nei repubblicani che non avrebbero mai pensato di poter scegliere un democratico, nei lavoratori che hanno scelto di auto-ridursi l’orario di lavoro per non far perdere il posto ai compagni, nei soldati che hanno perso un arto, nella gente che accoglie in casa un estraneo quando c’è un uragano o una inondazione.Il nostro è il Paese più ricco della terra, ma non è questo che ci rende ricchi. Abbiamo l’esercito più potente del mondo, ma non è questo che ci rende forti. Le nostre università e la nostra cultura sono l’invidia del mondo, ma non è per questo che gente di ogni parte del mondo viene in America. È lo spirito americano – quella promessa americana – che ci spinge ad andare avanti anche quando il cammino sembra incerto. Quella promessa è il nostro grande patrimonio. È la promessa che faccio alle mie figlie quando rimbocco loro le coperte la sera, la promessa che ha indotto gli immigranti ad attraversare gli oceani e i pionieri a colonizzare il West, la promessa che ha spinto i lavoratori a lottare per i loro diritti scioperando e picchettando le fabbriche e le donne a conquistare il diritto di voto. È la promessa che 45 anni fa fece affluire milioni di americani a Washington per ascoltare le parole e il sogno di un giovane predicatore della Georgia.Gli uomini e le donne lì riuniti avrebbero potuto ascoltare molte cose. Avrebbero potuto ascoltare parole di rabbia e di discordia. Avrebbero potuto cedere alla paura e alla frustrazione per i tanti sogni infranti. Ma invece ascoltarono parole di ottimismo, capirono che in America il nostro destino è inestricabilmente legato a quello degli altri e che insieme possiamo realizzare i nostri sogni. «Non possiamo camminare da soli», diceva con passione il predicatore. «E mentre camminiamo dobbiamo impegnarci ad andare sempre avanti e a non tornare indietro». America, non possiamo tornare indietro. C’è molto da fare. Ci sono molti bambini da educare e molti reduci cui prestare assistenza. Ci sono una economia da rilanciare, città da ricostruire e aziende agricole da salvare. Ci sono molte famiglie da proteggere. Non possiamo camminare da soli. In questa campagna elettorale dobbiamo prendere nuovamente l’impegno di guardare al futuro. Manteniamo quella promessa – la promessa americana. Grazie. Che Dio vi benedica. Che Dio benedica gli Stati Uniti d’America.

Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
L'Unità, 29.08.08

lunedì 25 agosto 2008

Il nuovo questore di Palermo, Alessandro Marangoni: «Colpiremo i patrimoni dei boss»

Il nuovo questore di Palermo, Alessandro Marangoni, cinquantasettenne originario di Gorizia, annuncia un impegno straordinario nel contrasto agli affari della mafia: "Affonderemo la mani nelle tasche di Cosa nostra"
PALERMO - "Affonderemo la mani nelle tasche della mafia. Cosa nostra agisce per conquistare il potere ed arricchirsi: noi colpiremo i guadagni illeciti dei boss".Annuncia "un impegno straordinario" nel contrasto ai patrimoni illegali di Cosa nostra il nuovo questore di Palermo Alessandro Marangoni, 57 anni, originario di Gorizia che si è insediato oggi nella questura del capoluogo siciliano.Ai giornalisti, che oggi ha incontrato, ha detto: "useremo tutti i mezzi che il governo ci ha dato e si appresta darci nelle indagini e nelle misure patrimoniali"."Finora abbiamo incassato una serie di vittorie nella guerra contro la mafia. Adesso l'obiettivo va consolidato nell'ottica del traguardo finale che è l'annientamento della struttura criminale"."Cosa nostra - ha aggiunto - sta ridisegnando la sua geografia, cerca di contrattaccare e noi dobbiamo essere pronti e tempestivi cercando di arrivare prima".Marangoni ha parlato dell'importanza di puntare sulle indagini per la cattura dei latitanti di mafia."Molto è stato fatto - ha concluso - bisogna ora concentrarsi su quelli rimasti liberi e tagliare tutte le radici dell'organizzazione".E infine: "Il problema sicurezza, assai avvertito dalla gente, deve avere una risposta forte. Studierò cosa si può fare, tenendo conto dei mezzi a disposizione, per migliorare la nostra azione in questo ambito. Investiremo le risorse dando priorità alle esigenze della popolazione anche impiegando più poliziotti nelle strade"."C'è una forbice - ha aggiunto - tra la sicurezza reale e quella percepita dalla popolazione: dovremo lavorare anche su questo, convincendo i cittadini che molto sta cambiando in meglio"."Tenteremo di delocalizzare - ha concluso - gli aspetti di polizia amministrativa: ciò ci consentirà, probabilmente, anche di avere più risorse per la sicurezza".
25/08/2008

sabato 23 agosto 2008

Il campo di lavoro di Corleone. Di mattina i pomodori, di pomeriggio i "lampadieri"

Corleone alle 6.00, quando suona la sveglia per i più, è ancora buia e sorprendentemente fresca. L’attenta puntualità dell’intero gruppo viene svilita da una foratura alla ruota di uno dei pulmini, che ci costringe a partire alle 7.30, alla volta del campo di pomodori. Battesimo della raccolta del pomodoro per quelli di noi arrivati ieri, qualche affaticamento alla schiena, ma certo non all’entusiasmo, di coloro che già ieri hanno contribuito a riempire le prime 100 cassette. Oggi si “bissa”: inviatene un centinaio allo stabilimento per la lavorazione, tante altre cassette vengono riempite, con grande soddisfazione di tutti, Presidenti compresi. E’ venuto infatti a trovarci Vincenzo Striano, Presidente di Arci Toscana. Il secondo Presidente contento presumiamo sia Calogero Parisi, ovviamente della Cooperativa Lavoro e non Solo, che però non ha dato grande sfogo alla sua soddisfazione. Avido, se l’è tenuta tutta per sé!
L’avventura verso il “pomodorificio” coinvolge Valentina e Luana, che percorrono, insieme a Luciano e Mario della Cooperativa, chilometri e chilometri in condizioni precarie: partiti con una portiera bloccata, si scopre ben presto che i freni hanno qualche problema e, come se non bastasse, anche la marmitta si è staccata. Rimediato l’arrivo al lontanissimo e altissimo (sulle montagne!) laboratorio, l’accoglienza è calorosa e gentile. Le quasi due ore a tratta sono appagate e giustificate dal fatto che questa pare essere l’unica soluzione per avere la garanzia di ottenere un prodotto finito contenente solo e soltanto i pomodori della “nostra” terra, e senza collusioni ed ambiguità di sorta… Nell’attesa di poter, speriamo prima possibile, poter produrre da soli la passata alla vitamina “L”.
Interessantissimo l’incontro del pomeriggio, con la presentazione del libro di Francesca Balestri “Come quei Lampadieri” e gli interventi di Vincenzo Striano e Dino Paternostro, segretario della Camera del Lavoro di Corleone, intitolata a Placido Rizzotto. E’ incredibile constatare come le parole dei diretti protagonisti, come Dino, dalle spiegazioni puntuali sul fenomeno mafioso e sulle radici sociali dell’antimafia, ai racconti di episodi e vita vissuta, siano sempre più toccanti rispetto a tutto quanti si possa aver letto su un libro o sentito ad TG e trasmissioni TV.
Particolarmente positiva la partecipazione all’incontro di Andrea ed altri suoi amici di Corleone, che poi si sono anche fermati a cena ed ci hanno accompagnato al dopocena “in Villa”, nonché dei ragazzi provenienti da vari paesi del Mondo grazie ad un progetto di ARCI Catania.
Valentina, Luana e Dario
Giovedì 21 Agosto 2008

L’estate dei giovani volontari sulle terre confiscate alla mafia



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LIBERA TERRA

Queste le "tappe" di Libero Cinema in Libera Terra

Sabato 6 settembre
Mesagne: Biutiful cauntri di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio, Peppe Ruggiero

Domenica 7 settembre
Mesagne Fine pena mai di Davide Barletti, Lorenzo Conte

Lunedì 8 settembre
Palermo p.tta Bagnasco Gomorra di Matteo Garrone

Martedì 9 settembre
Monreale, Villa Belvedere Il divo di Paolo Sorrentino
Altofonte, workshop gratuito ore 17 "L'impegno del cinema itinerante per la legalità"

Mercoledì 10 settembre
Corleone
, villa comunale Terra Libera Tutti di Luigi Abramo e Emanuele Piano e Biutiful cauntri di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio, Peppe Ruggiero

Roccamena, incontro ore 17 "Proposte di integrazione leggi regionali antimafia"

Giovedì 11 settembre
Cinisi, pizzeria Impastato La Terramadre di Nello La Marca
San Cipirello, workshop gratuito ore 17 "Legalità e Ambiente"

Venerdì 12 settembre
Polistena, Biutiful cauntri di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio, Peppe Ruggiero

giovedì 21 agosto 2008

Palermo. Il questore Giuseppe Caruso: "A Palermo una svolta epocale"

Il commiato del questore Caruso, in procinto di trasferirsi a Roma: "Passi da gigante nella lotta al racket, lascio una città migliore rispetto a quella che ho trovato. Il successo più importante? La cattura di Provenzano. Ma i politici hanno ancora mani e piedi legati".
PALERMO
- "Quella che si è realizzata a Palermo sul fronte della lotta al racket può essere definita una svolta epocale. Lascio una città migliore di come l'ho trovata". E' questo, in sintesi, il bilancio di due anni e mezzo di intensa attività, contrassegnata da importanti successi investigativi sul fronte della lotta alla mafia e della cattura di numerosi latitanti, tracciato dal questore di Palermo Giuseppe Caruso in occasione della sua conferenza stampa di commiato prima di trasferirsi alla sua nuova sede di Roma. "Una metropoli complessa - ha commentato il neoquestore di Roma -, con problematiche di grande rilievo che tuttavia affronterò con serenità. Non mi sono mai fatto avanti, ma non mi sono mai tirato indietro". "Fino a qualche anno fa - ha ricordato Caruso - i commercianti e gli imprenditori che erano disposti a denunciare si potevano contare sulle dita di una mano, oggi sono diverse decine. Un numero rilevante che segnala un'inversione di tendenza". Il successo più importante conseguito a Palermo? "Dal punto di vista mediatico - ha risposto Caruso - è stato certamente la cattura di Bernardo Provenzano, dopo 43 anni di latitanza. Dal punto di vista investigativo l'irruzione nel covo del boss Totuccio Lo Piccolo, che ci era sfuggito per un soffio qualche mese prima. È stato come giocare al gatto con il topo". Il questore, utilizzando una metafora calcistica, ha anche sottolineato l'importanza del lavoro di squadra: "Tutti sono importanti - ha osservato -, dal goleador al raccattapalle. Quando sono arrivato a Palermo ho trovato fratture e incomprensioni e ho capito che c'era qualche ingranaggio che andava oleato. La prima cosa che ho fatto è stata quella di creare un nucleo specializzato, collocandolo però in una struttura diversa dalla squadra mobile. E i risultati sono arrivati grazie al lavoro di tutti". Secondo Caruso "ci sono alcuni politici che hanno mani e piedi legati". Il questore ha denunciato una "stasi politico-amministrativa che deve essere rimossa. Alcune istituzioni hanno marciato velocemente, altre sono andate a rilento. Bisogna invece viaggiare tutti alla stessa velocità, altrimenti si rischia di tornare indietro. Ci sono politici che hanno mani e piedi legati: devono avere coraggio e agire in assoluta libertà". "Ci sono troppe pastoie - ha osservato ancora il questore -, bisogna impegnare le risorse finanziarie che ci sono per rilanciare l'economia dell'isola. Anche questo è un modo di combattere la mafia, eliminando le condizioni che consentono di alimentare la manovalanza criminale. Bisogna offrire opportunità di lavoro ai giovani che non riescono a trovare altre forme di guadagno lecito". "C'è stato un ricambio - ha ricordato infine Caruso -, al vertice della più importante istituzione regionale. E' ancora presto per dare un giudizio che dovrà basarsi proprio sulla capacità di impegnare questi flussi finanziari per favorire lo sviluppo della Sicilia".

21/08/2008

Corleone / Massa-Carrara, per fare "quadrato"...

«Il problema non è trovare qualche migliaio di euro, da dare in solidarietà alle cooperative siciliane, che lavorano sui terreni confiscati alla mafia. Per la Toscana sarebbe troppo semplice, persino troppo facile. Si tratta, invece, di affermare una strategia di antimafia sociale, largamente condivisa e sostenuta, capace di durare nel tempo, che aiuti le cooperative a crescere e diventare solide imprese sociali, che renda consapevoli del pericolo rappresentato dalle mafie per l’intero Paese, comprese le regioni ricche, che pensano di essere immuni, che consolidi nelle coscienze delle giovani generazioni i valori di legalità, giustizia sociale e solidarietà». Ci diceva questo Paolo Gozzani, responsabile dell’organizzazione della segreteria della Camera del Lavoro di Massa-Carrara, mentre giravamo gli stand della Festa provinciale della Cgil, che si è svolta dal 12 al 19 agosto nel parco “Ricortola” di Marina di Massa. Una festa arrivata al suo 7° anno (“Facciamo Quadrato”, dedicata ai temi della legalità, del lavoro e del salario), che ha visto la presenza e la partecipazione di una delegazione della cooperativa “Lavoro e non solo (Salvatore, Piero e Mario), di due giovani volontarie (Claudia e Vincenza) e, negli ultimi due giorni, anche mia, nella qualità di segretario della Camera del lavoro di Corleone. «Ogni sera – diceva Patrizia Bernieri, segretaria generale della CdL di Massa-Carrara – è venuta tanta gente, giovani, lavoratori, pensionati. E molti hanno visitato con interesse lo stand della cooperativa sociale “Lavoro e non solo”». Tanto che (tranne qualche bottiglia di vino) ha esaurito del tutto i prodotti in vendita.

Le ultime due sere, la festa ha avuto due importanti presenze: il 18 è intervenuta Carla Cantone, segretaria generale nazionale del Sindacato Pensionati Cgil, e il 19 Susanna Camusso, segretaria nazionale della Cgil. Proprio a Susanna abbiamo pure strappato l’impegno a visitare, nelle prossime settimane, uno dei campi di lavoro antimafia di Corleone. Il 19 sera, comunque, è finita la 7° Festa della Cgil, ma non la nostra collaborazione. Si sono buttate le basi per un protocollo d’intesa tra la coop, la Cgil, e la Provincia di Massa-Carrara, i comuni di Massa e di Carrara, la Usl e alcune importanti associazioni presenti nel territorio. Aspettiamo in Sicilia, a Corleone, Paolo, Patrizia e gli altri compagni. In particolare, la compagna Lucia Del Giudice, per cantare ancora insieme tante canzoni “desuete” del movimento operaio. Con i suoi 65 anni portati benissimo, la compagna Lucia, figlia di Francesco Del Giudice, partigiano assassinato dai nazi-fascisti nel 1945, quando lei aveva appena 2 anni, ci ha dato tanto entusiasmo e tanta voglia di batterci contro le ingiustizie e perché possa spuntare ancora – per tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà - il “sol dell’avvenire”… (d.p.)
21 agosto 2008

NELLA FOTO: Con i soci della coop e i volontari nelloo stand.

ALBUM FOTOGRAFICO































DALL'ALTO: Lo stand della legalità; con Paolo Gozzani alla Cgil di Carrara; con Patrizia Bernieri, Alessio Gramolati (segretario gen. Cgil Toscana) e Susanna Camusso.

venerdì 15 agosto 2008

Nel Corleonese e nella Valle del Belice, più sviluppo grazie al “Gattopardo”

«Non abbiamo mai avuto la presunzione di cambiare radicalmente, in pochi anni, il modo di fare impresa e di guardare allo sviluppo nel nostro territorio. Più realisticamente, siamo riusciti ad introdurvi elementi di novità e l’idea che il “globale” e il “locale” possono in qualche modo coesistere», dice il dott. Giuseppe Vetrano, responsabile di piano del Consorzio Leader “Terre del Gattopardo”. La prima novità è stata l’avere messo insieme, attorno ad un’idea di sviluppo locale, ben 50 partner privati e 13 comuni, a cavallo tra le province di Palermo e di Agrigento (Bisacquino, Campofiorito, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Corleone, Giuliana, Menfi, Montevago, Palazzo Adriano, Prizzi, Roccamena, Sambuca di Sicilia e S. Margherita Belice). Insieme, legandoli col “filo rosso” di una storia particolare, quella di don Fabrizio, Principe di Salina, il “Gattopardo”, reso famoso dal libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e dal film di Luchino Visconti. «Anche l’individuazione di un nome evocativo, capace di unire passato e presente, prefigurando un’ipotesi di futuro, costituisce un investimento immateriale fondamentale per lo sviluppo di questo vasto territorio», aggiunge il dott. Vetrano, da anni impegnato a dare forti stimoli allo sviluppo locale, indispensabile per la crescita equilibrata di un’area, all’interno della quale gli operatori economici siano sempre più in grado di sostenere il confronto col mercato globale.
D’altra parte, i programmi “Leader”, finanziati dall’Unione Europea, di concerto con gli Stati membri e con le Regioni d’appartenenza, per la limitatezza delle risorse impiegate e per la stessa filosofia che li anima, fondamentalmente non sono investimenti di natura economica, ma interventi di animazione sociale, culturale ed economica. Hanno lo scopo, cioè, di stimolare lo sviluppo locale e le imprese che operano nel territorio, aiutandole a darsi una “mission” e, conseguentemente, ad ammodernarsi, a fare “filiera”, a costruire reti commerciali. Contemporaneamente, hanno l’obiettivo di potenziare il tessuto socio-culturale che li circonda, nella consapevolezza che un territorio è complessivamente più competitivo se crescono tutti gli “attori” che vi operano.
Il Consorzio Leader “Terre del Gattopardo” ha la sede principale a Bisacquino e una sede secondaria a Sambuca di Sicilia. Insieme a Vetrano, della struttura di vertice fanno parte il presidente Calogero Impastato, ex sindaco di Montevago; il responsabile amministrativo e finanziario Sebastiano Canzoneri, segretario provinciale della CNA, il responsabile della ricerca e della comunicazione Gori Saracino e le assistenti di Piano Margherita Gaudiano, Anna Fucarino e Maria Marchese. «La società – si legge nello statuto – (…) si propone di proseguire e consolidare le politiche attuate sul territorio con le precedenti iniziative di sviluppo locale ed in particolare del programma di iniziativa Comunitaria LEADER con i GAL (gruppi d’azione locale) “Terre Sicane” e “Terre del Sosio”, promuovendo azioni integrate elaborate ed attuate nell’ambito di partneriati attivi a livello locale, nonché l’attuazione di strategie originali di sviluppo sostenibile integrate, di elevata qualità, concernenti la sperimentazione di nuove forme di valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, di potenziamento dell’ambiente economico, al fine di creare posti di lavoro e di miglioramento della capacità organizzativa delle comunità interessate». Un programma ambizioso, tradotto nel piano operativo 2005-2008, che si sta avviando alla conclusione.
Con quali risultati? «Possiamo affermare con soddisfazione – dice il responsabile di piano del Consorzio “Terre del Gattopardo” – che già a giugno avevamo speso il 75% delle risorse messe in campo per il sostegno delle azioni programmate. Quindi, penso che stiamo centrando perfettamente gli obiettivi». Sono diverse le imprese, le associazioni e le cooperative del territorio che hanno partecipato ai bandi e alle azioni promosse dal Leader. «Nella scelta dei soggetti da sostenere – spiega ancora Vetrano – abbiamo privilegiato le “reti”, cioè la capacità e la voglia delle imprese e delle associazioni di fare gruppo, di mettersi insieme, per essere più forti e competitive, ma anche per potenziare lo spirito di collaborazione e il reciproco sostegno. Ed ha funzionato benissimo». Infatti, associazioni e imprese che prima non si conoscevano e non avevano nessun tipo di rapporto, adesso, grazie all’esperienza Leader, collaborano e crescono insieme. «La scommessa vera di questi tre anni – dice Vetrano – è stata quella di costruire delle reti commerciali condivise. Abbiamo constatato, infatti, che diverse imprese locali sono ormai perfettamente in grado di produrre beni di alta qualità, ma hanno serie difficoltà a commercializzarli. Da qui l’idea di costruire una rete commerciale, che già coinvolge 5 imprese del nostro territorio nei settori vitivinicolo e olivicolo. Con questa “rete” si stanno già sperimentando importanti sbocchi commerciali in Germania, in Olanda ed in Inghilterra».
Dino Paternostro
16 agosto 2008

martedì 12 agosto 2008

Operaio timbra per i colleghi. Trenitalia licenzia otto operai

E' successo a Genova. Il provvedimento dopo la denuncia del caporeparto. La solidarietà dei compagni di lavoro: "Hanno sbagliato ma la punizione è eccessiva"
GENOVA - L'effetto Brunetta si espande e colpisce anche Trenitalia. E' successo a Genova, nell'officina di piazza Giusti, nel quartiere di San Fruttuoso. Otto dipendenti di Trenitalia sono stati licenziati in tronco dopo che uno di loro è stato sorpreso da un superiore mentre timbrava il cartellino anche per gli altri sette. Il caporeparto dopo aver sequestrato i cartellini dei sette colleghi aveva denunciato l'episodio alla direzione. La reazione dell'azienda non si è fatta attendere e dopo un mese per gli otto lavoratori, cinque operai esperti e tre apprendisti assunti a tempo determinato, è scattato il licenziamento senza preavviso. La notizia del duro provvedimento ha scatenato le proteste dei colleghi degli operai licenziati, che pur riconoscendo la gravità del comportamento degli otto operai, giudicano eccessiva la punizione di Trenitalia. E puntano il dito contro il ministro Brunetta: è la sua campagna contro i fannulloni ad aver suggerito all'azienda una soluzione così drastica.
(La Repubblica, 12 agosto 2008)

Famiglia Cristiana contro il governo: "Basta finti problemi di sicurezza"

Il settimanale cattolico: "Le imprese crescono, le famiglie invece sono sempre peggio". E' polemica. Bertolini (Pdl): "Un colpo di sole, abbiamo fatto un ottimo lavoro". Una pattuglia mista per le strade di Milano
ROMA - "Il governo smetta di giocare ai soldatini e risponda della grave situazione economica in cui versa il paese": Famiglia Cristiana attacca il Governo, e senza prenderla larga. Secondo le anticipazioni, con l'editoriale in uscita mercoledi, la rivista dei Paolini torna a usare toni duri col governo Berlusconi, stavolta sul tema sicurezza. "Neanche fossimo in Angola" - scrive Famiglia Cristiana a proposito dei militari in strada - e prosegue: "La verità è che 'il Paese da marciapiede' i segni del disagio li offre (e in abbondanza) da tempo, ma la politica li toglie dai titoli di testa, sviando l'attenzione con le immagini del 'Presidente spazzino', l'inutile 'gioco dei soldatini' nelle città, i finti problemi di sicurezza, la lotta al fannullone". Il cuore della critica del settimanale cattolico è chiaro: il governo svia l'attenzione dai problemi economici in cui versa il paese inscenando un farsesco Far West urbano. "C'è il rischio di provocare una guerra fra poveri, se questa battaglia non la si riconduce ai giusti termini, con serietà e senza le 'buffonate', che servono solo a riempire pagine di giornali". Le critiche. E il giornale fornisce i dati, sottolineando che a una crescita delle imprese corrisponde una diffusione del disagio tra le famiglie: "Alla fine della settimana scorsa sono comparse le stime sul nostro prodotto interno lordo e, insieme, gli indici che misurano la salute delle imprese italiane. Il Pil è allo zero, ma le nostre imprese godono di salute strepitosa, mostrando profitti che non si registravano da decenni. L'impresa cresce, l'Italia retrocede. Mentre c'è chi accumula profitti, mangiare fuori costa il 141% in più rispetto al 2001, ma i buoni mensa sono fermi da anni". Prosegue Famiglia Cristiana: "L'industria vola, ma sui precari e i contratti è refrattaria. La ricchezza c'è, ma per le famiglie è solo un miraggio. Un sondaggio sul tesoretto dei pensionati che sarà pubblicata su Club 3 dice che gli anziani non ce la fanno più ad aiutare i figli, o lo fanno con fatica: da risorsa sono diventati un peso". Di qui la domanda dei cattolici: "E' troppo chiedere al governo di fugare il sospetto che quando governa la destra la forbice si allarga, così che i ricchi si impinguano e le famiglie si impoveriscono?"
La reazione del Governo. E' Isabella Bertolini, componente del direttivo del Pdl alla Camera dei deputati a parlare: "Il colpo di calore ha fatto la propria vittima anche quest'anno. Questa volta a farne le spese Famiglia Cristiana che, con incomprensibile livore, non esita a lanciarsi in una serie di invettive contro il governo del centrodestra". Accuse che Bertolini "scarica" sulla congiuntura, rivendicando la "liberazione" di Napoli. "Sui problemi dell'economia mondiale, che hanno inevitabili ripercussioni anche in Italia, il governo, in soli 100 giorni, non ha aumentato le tasse, ha invece abolito l'Ici, detassato gli straordinari, varato la social card, tassato banche, assicurazioni e società petrolifere, cioè i ricchi. Infine - conclude la deputata Pdl - forse la cosa più significativa: il governo ha restituito Napoli all'Italia, liberandola da quei rifiuti che ci hanno resi inaffidabili di fronte al mondo intero, con ripercussioni gravissime per l'economia". Duro anche il ministro per l'Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, che ha richiamato lo "stile" usato dal giornale: "usino un linguaggio cristiano, se non democristiano''. E reagisce male anche Gasparri. Il presidente dei senatori del Pdl, criticato dal giornale per aver fatto il doppio gioco - chiedere un gesto forte agli atleti e al tempo stesso non prendersi alcuna vera responsabilità politica - ha dichiarato che Famiglia Cristiana è "criptocomunista": "Il settimanale è cristiano solo di nome".
(La Repubblica, 11 agosto 2008)

Rifiuti. Emergenza nel palermitano: sindaci in piazza

Sindaci in piazza a Palermo contro l'emergenza rifiuti in 22 Comuni della provincia serviti dal consorzio Coinres che da mesi non garantisce la regolarita' della raccolta. La protesta, che si tiene davanti a Palazzo d'Orleans, sede della presidenza della Regione, trova la solidarieta' del presidente della Provincia, Giovanni Avanti. "L'emergenza rifiuti nei 22 Comuni che fanno riferimento al Consorzio Coinres non e' piu' sostenibile. La Provincia e' a fianco dei sindaci che manifestano davanti palazzo d'Orleans per tutelare la salute dei cittadini e il decoro e l'immagine dei loro territori", ha detto Avanti, che si e' unito alla richiesta di un rapido intervento della Regione. Vengono sollecitati "provvedimenti immediati per porre un freno a questa situazione che rischia di degenerare e creare danni rilevanti. I sindaci -continua Avanti - non possono essere lasciati soli in prima linea a condurre una battaglia impossibile, causata da un sistema che non funziona e rispetto al quale non bastano provvedimenti ordinari. Occorre procedere con un intervento immediato per scongiurare l'emergenza e con una altrettanto urgente riforma strutturale che garantisca un modello improntato a criteri di efficienza ed economicita'. Le Province siciliane hanno gia' proposto un disegno di legge che si muove in questa direzione e assegna un ruolo di rilievo all'ente intermedio".

A Palermo i libri più cari d'Italia

Spesa media di 385 euro per i licei classici. Sfondato il tetto fissato dal ministro. Il provveditore accusa i professori
di Salvo Intravaia
È Palermo la città dove si spenderà di più per l´acquisto dei testi scolastici. È quanto emerge da una indagine condotta da "Repubblica" su oltre 500 prime classi di scuola media e di scuola superiore in quattro città: Milano, Roma, Napoli e Palermo. Il rientro dalle vacanze è ormai vicino e una delle prime spese che dovranno affrontare le famiglie è proprio quella relativa ai libri di testo. In cima alla classifica ci sono i licei classici, seguiti dagli scientifici. Un po´ meno dispendiosi risultano gli istituti tecnici industriali e i tecnici commerciali della città. Ma quanto si dovranno preparare a sborsare, in media, mamme e papà? Per il liceo classico, esclusi dizionari e atlanti geografici che in casa magari ci sono già, bisognerà stanziare 385 euro. Per chi deve acquistare anche i vocabolari di greco e latino sono dolori: la spesa può schizzare a 550 euro e oltre. Potranno risparmiare qualcosa coloro che frequenteranno il primo anno del liceo scientifico dove la spesa media scende a 343 euro. Il fatto è che la scorsa primavera l´ex ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni ha varato una norma che limita la spesa massima al superiore: il tetto di spesa alla scuola media esiste da anni. L´intera dotazione libraria non dovrebbe superare il costo di 320 euro al classico, 305 allo scientifico e al tecnico industriale e 290 al tecnico commerciale. Ma dando un´occhiata alle liste predisposte dalle scuole per il prossimo anno, in moltissimi casi, sia alla scuola media (286 euro di limite massimo per la prima classe) sia al superiore, il tetto di spesa imposto dal ministero è stato ampiamente superato. Di chi è la colpa? Senza troppi giri di parole il dirigente dell´Ufficio scolastico provinciale (l´ex provveditorato agli studi), Rosario Leone, punta il dito sui professori. «Il rispetto del tetto di spesa - dichiara Leone - dovrebbe essere assicurato dagli insegnanti del Consiglio di classe che è pur sempre l´organo collegiale al cui interno i professori dovrebbero trovare l´accordo. Ma spesso questo non avviene perché ogni docente porta in consiglio il proprio testo, o più libri, e non è disposto a rinunciarvi: in questi casi parlerei più di organo collettivo che di organo collegiale». Nella complessa procedura per l´adozione dei libri scolastici, l´ultima parola tocca al collegio dei docenti. «Se nessuno si preoccupa di rispettare i limiti di spesa, dovrebbe intervenire il dirigente scolastico che presiede il Collegio», spiega il provveditore che riconosce come «in effetti nelle scuole con molte classi questo diventi di difficile attuazione». Dello stesso parere è il preside dell´istituto industriale "Volta" di Palermo. «Quella di adottare più libri per una stessa materia o di inserire i libri consigliati è una cattiva abitudine», dice Roberto Tripodi che parla di «mancanza di controllo e di professionalità». Per non citare «i libri che si acquistano e non si usano». Maurizio Muraglia, presidente del Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti) di Palermo, ammette che «sovente al superiore manca la collegialità» e che in parecchi casi «gli insegnanti lavorano guardando solo alla propria disciplina», ma spezza anche una lancia a favore dei colleghi. «Occorre ammettere che la polemica è spesso mal riposta perché la spesa per i libri è in concorrenza con altre spese che le famiglie non limitano di certo ai figli». Il riferimento è chiaro: telefonini, videogiochi e abbigliamento griffato. Resta il fatto che tra le grandi città a Palermo si spende di più. La metropoli dove, frequentando il classico, si spenderà meno è Milano: quasi 325 euro, appena 5 euro sopra il limite. A Palermo si eccede in media del 20 per cento. Stesso discorso per il liceo scientifico in cui il tetto viene sforato, in città, mediamente del 13 per cento. Per quest´ultimo indirizzo si spende meno a Roma e Milano. Nelle medie palermitane gli scostamenti sono più contenuti ma sempre al di sopra del tetto: 305 euro contro i 286 previsti dalla norma. Per Leone «è possibile mantenersi al di sotto dei tetti di spesa adottando meno libri o attraverso il comodato d´uso per il quale le scuole, dal prossimo settembre, hanno ricevuto specifici fondi».

domenica 10 agosto 2008

L'ultimo progetto editoriale dell'erede de "I Siciliani". Vi racconto "'U cuntu"

Intervista a Riccardo Orioles di Giuseppe Scatà
Una volta gli chiesi di criticare il mio pezzo. Lui mi diceva che andava bene, ma questo non mi bastava. Sapevo che non funzionava del tutto, che c’erano delle falle, che si poteva fare di più: «Hai ancora almeno cinquant’anni per diventare un buon giornalista. Nessuno di noi lo è ancora», mi disse.
Un bastone, la barba che si infila giusta nella V della camicia sbottonata, il passo misurato, le dita piccole sempre sporche di tabacco da pipa, e delle frasi giuste per accendere luci nel cervello: «Il terzino tira una bomba da 60 metri, e la palla, per un colpo di vento, si va a insaccare nel sette. Ma questa è una probabilità remota, né ci si può puntare per la vittoria della partita. E invece il terzino passa la palla al centrocampista, che dribbla, lancia all’ala, che crossa sulla testa dell’attaccante, che fa la torre alla seconda punta, che insacca. Questo è il gioco di squadra, ed è quello che deve fare la nostra redazione. Gli uomini soli non vanno da nessuna parte…».
Orioles, giornalista siciliano, direttore di Telejato di Pino Maniaci, e di vari giornali di quartiere catanesi («i Cordai», «la Periferica») e napoletani («Napoli Monitor»), ha dedicato tutta la sua vita alla lotta alla mafia, alla criminalità organizzata, al malaffare italiano. Appena divenuto professionista, fu redattore del mensile «I Siciliani», edito a Catania, e diretto e fondato da Pippo Fava nel 1982. Chiusa l’esperienza dei «Siciliani» – con l’assassinio di Fava per mano della mafia – Orioles fonda insieme ad altri il settimanale romano «Avvenimenti», poi nel 1993 insieme a Claudio Fava riprende il progetto «I Siciliani» con i «Siciliani giovani», chiuso dopo un paio d’anni. Dal 1999 scrive un e-zine giornalistico, “La Catena di San Libero”, e nel maggio 2006 crea, insieme a Graziella Proto, il mensile «Casablanca», che chiuderà un anno e mezzo dopo. Con la raccolta dei numeri in mano, e una valigetta col bastone infilato di traverso – come un giornalista vagabondo – mi disse: «È sempre brutto chiudere un giornale. Ma ci sono abituato ormai. Io resisto». Oggi c’è «’U cuntu». E insieme a lui parecchi ragazzi. Che, coraggiosi, ne aspettano altri da tutta Italia.
Che cosa vuol dire fare informazione antimafia oggi?
Non permettere alla gente di adagiarsi nella normalità della mafia. La mafia oggi è “normale”. Non che tutto sia mafia (neanche ai tempi del fascismo tutto era fascismo). Ma la mafia fa ormai parte a pieno titolo delle basi culturali ed economiche del Paese. E politiche, ovviamente.
Per esempio?
Per esempio, abbiamo al governo un partito che prima delle elezioni ha lanciato messaggi quantomeno ambigui: come giudicare il “Mangano eroe” di Dell’Utri? Si può far finta di non saperlo, certo, così si dorme meglio. Anche bravissima gente come Gronchi o Croce, all’inizio, non voleva capire che Mussolini non era la solita destra, ma un’altra cosa. E questo cambiava tutto. Cambia tutto.
Perché è così difficile avere un giornale o una rivista che racconti la verità in Sicilia?
Perché la verità non è solo che “ci sono dei delinquenti”, ma che questi delinquenti sono indispensabili al sistema. Perciò puoi denunciare il singolo episodio, ma non il contesto “normale” in cui si colloca. Puoi fare “fiction” (romantica, folkloristica, comunque “strana”), ma non cronaca e analisi della normalità.
Come si comporta la politica nei confronti dell’informazione-verità?
Come vuoi che si comporti. In certi casi ti sparano. In certi altri ti mettono il bavaglio (è di questi giorni la condanna di Carlo Ruta per il suo sito, vedi box p.55). Ti lasciano alla fame. Oppure ti comprano, se ce la fanno. Da un certo livello in poi, la “politica” – come la chiami tu – non è mai indifferente. O ti sostiene (ma è un caso rarissimo) o ti dà addosso.
Narcomafie, Luglio/Agosto 2008
(CONTINUA SULLA RIVISTA)

La mafia che si trasforma in potere

di Livio Pepino
E' uscita in questi giorni una pubblicazione che ci piace segnalare, frutto del lavoro di anni di questo giornale (Narcomafie - ndr). Si tratta del Nuovo dizionario di mafia e antimafia pubblicato per i tipi di Ega nella collana dei libri di Narcomafie. Non sta, forse, a noi dirlo, ma si tratta di un evento significativo sul piano politico e culturale. È, infatti, un tentativo di approfondire l’analisi dell’arcipelago mafia intorno a una serie di parole chiave in un momento in cui, nel disinteresse dei più (ché il tema sembra essere passato di moda), le mafie si stanno riciclando trasformandosi sempre più in poteri. È, dunque, una occasione propizia per alcune riflessioni sul punto.C’è, in questa fase politica, un elemento importante e trascurato. È la cosiddetta esternalizzazione dell’uso della forza da parte dei poteri pubblici che si manifesta in forme diverse (dall’impiego in operazioni belliche di forze irregolari, ingaggiate da società private, alla gestione ad opera di agenzie private di prigioni e corpi di sicurezza: i vigilantes diffusi in tutte le società occidentali). Orbene, la caratteristica della fase è che queste talora funzioni vengono assunte in proprio dalle mafie. Il fatto, a ben guardare, non è nuovo se persino nella storia della camorra (l’organizzazione che più incarna l’illegalismo popolare) si trovano casi di esercizio delegato di poteri di polizia (sin dall’epoca borbonica quando, alla vigilia dell'ingresso a Napoli di Garibaldi, il compito di preservare la città da sollevazioni e disordini venne affidato ad organizzazioni camorriste). Ma la novità è che ciò ha assunto, negli ultimi decenni, una dimensione per così dire strutturale. Così, per limitarsi ad alcuni esempi eterogenei, in Russia la mafia gestisce una parte significativa delle agenzie di sicurezza private, in Colombia il cartello di Cali ha svolto veri e propri compiti di polizia sia nel garantire l’ordine pubblico in città sia nell’assicurare alle autorità i principali esponenti del cartello rivale di Medellin, così come in Calabria e a Palermo il controllo del territorio nei confronti della microcriminalità di strada assicurato dalla ’ndrangheta e da Cosa nostra non è stato disdegnato, nei periodi di pax mafiosa, dalle istituzioni. In sintesi, le mafie si appropriano di poteri e prerogative che nell’organizzazione politica contemporanea sono monopolio dello Stato e diventano “imprenditori della sicurezza”; e ciò – è questo l'aspetto più significativo e inquietante – accade non in modo conflittuale (nel senso di una sottrazione di poteri allo Stato) bensì in modo consensuale (nel senso di una cessione di poteri o di una delega, nei fatti, a esercitarli). Questo percorso evolutivo delle mafie (e, parallelamente, dell’agire di ampi settori delle classi dirigenti e della politica) ha incrinato in modo significativo – e talora abbattuto – il tradizionale confine tra lecito e illecito. Ciò, del resto, si è prima manifestato nel settore dell’economia. Da tempo è difficile trovare una contrapposizione netta tra economia legale ed economia illecita o mafiosa. Ma questa commistione è sempre più evidente nei processi di globalizzazione che mostrano una evidente crescita della zona grigia tra ciò che è legale e ciò che non lo è. Scrive Monica Massari nel Dizionario (voce Globalizzazione e criminalità): «La ricerca di profitti crescenti a costi sempre più limitati attraverso la frode, l’inganno e il ricorso sistematico alla negazione dei diritti elementari fa sì che settori crescenti delle cosiddette élites utilizzino frequentemente comportamenti illegali, se non manifestamente criminali, per raggiungere i propri obiettivi. Si tratta dell’emergere di vere e proprie “economie sporche” che trovano una collocazione, talvolta ottimale, nei meandri dell’economia ufficiale: un’arena in cui criminalità organizzata e attori legali tendono a scambiarsi servizi, a offrirsi reciprocamente favori, a promuoversi vicendevolmente nelle loro attività imprenditoriali. Le relazioni esistenti fra globalizzazione e criminalità possono essere viste, secondo questo approccio, nei termini di una sorta di doppio movimento: da un lato assistiamo ad una espansione del crimine nell’economia – sia di natura lecita che illecita – e, dall’altro, è divenuto evidente un frequente scivolamento delle élites nella criminalità. Il pendolarismo tra lecito e illecito costituisce una delle caratteristiche più perverse di questa globalizzazione». Più in generale, la crescita di una cultura e di una prassi nelle quali il successo e il riconoscimento sociale sembrano irrimediabilmente collocarsi sul versante esclusivo della capacità di produrre profitti (indipendentemente dal modo in cui ciò avviene) proietta le mafie in una dimensione di trasformazione tout court in potere. È un tema ineludibile nei tempi medi ma anche in quelli brevi.
L'Editoriale di Narcomafie Luglio/Agosto 2008

Nuovo Dizionario di Mafia e Antimafia, a cura di Manuela Mareso e Livio Pepino

“Il Dizionario di mafia e antimafia ricostruisce un mondo per molti aspetti ancora ignoto, di cui non si colgono facilmente gli elementi centrali e decisivi. [...] Dalla lettura attenta dell’opera [...] emerge con chiarezza la convinzione, da una parte, che le mafie hanno resistito vittoriosamente alla modernizzazione dell’Italia e dell’Europa adattandosi alla crescente importanza degli elementi finanziari rispetto a quelli industriali e delle nuove tecnologie che ne regolano i meccanismi di funzionamento; dall’altra, che la lotta per sconfiggere la minaccia deve valersi contemporaneamente della repressione giudiziaria e di una lotta culturale tesa a stroncare nelle nuove generazioni la lontananza dalle leggi dello Stato e dai principi della costituzione repubblicana”.
dalla Prefazione di Nicola Tranfaglia

LE VOCI: Albanesi (clan), Alto commissario antimafia, Antimafia, Antiracket, Appalti e mafia, Archeomafia, Associazione mafiosa, Banda della Magliana, Borghesia mafiosa, Mala del Brenta, Brigantaggio, Camorra, Carcere, Chiesa e mafia, Cinema e mafia, Cinesi (triadi), Colletti bianchi, Colombiani (cartelli), Commissione antimafia, Confisca dei beni, Convenzioni internazionali, Corleonesi, Corso-marsigliese (criminalità), Cosa Nostra, Cosca, Criminalità organizzata, Criminalità organizzata transnazionale, Criminologia e mafia, Cupola, Dcsa, Dia, Dna, Donne e mafia, Ecomafia, Educazione alla legalità, Estorsione, Eurojust, Europol, Faida, Famiglia, Fascismo e mafia, Fatf, Gangsterismo, Giornalismo e mafia, Globalizzazione e criminalità, Guerre di mafia, Impresa mafiosa, Istituzioni e mafia, La Cosa nostra americana, Legislazione antimafia, Letteratura e mafia, Libera, Massoneria, Maxiprocesso, Minori e mafia, Narcotraffico, ’Ndrangheta, Nigeriani (clan), Onorata società, Onore, Padrino, Pax mafiosa, Pentiti, Politica e mafia, Portella della Ginestra, Prostituzione, Protezione e sicurezza, Questione meridionale, Racket, Religione, Reparti speciali, Riciclaggio, Rituali, Russa (mafia), Sacco di Palermo, Sacra corona unita, Separatismo, Società segreta, Stidda, Stragi, Territorio, Terzo livello, Testimoni di gustizia, Tratta, Trattativa, Usura, Violenza, Voto di scambio, Yakuza, Zoomafie

GLI AUTORI: Felia Allum, Giuseppe Baschietto, Stefano Becucci, Giuseppe Casarrubea, Gian Carlo Caselli, Augusto Cavadi, Silvio Ciappi, Enzo Ciconte, Vincenzo Consolo, Alessandra Dino, Maurizio Fiasco, Lorenzo Frigerio, Tano Grasso, Antonio Ingroia, Alison Jamieson, Antonio La Spina, Alain Labrousse, Michele Marangi, Antonio Maruccia, Monica Massari, Giovanna Montanaro, Paolo Monzini, Marco Nebiolo, Gaetano Nicosia, Salvatore Palidda, Ercole Giap Parini, Dino Paternostro, Livio Pepino, Pierpaolo Romani, Vincenzo Ruggiero, Federica Sacco, Isaia Sales, Roberto Scarpinato, Rocco Sciarrone, Ciro Troiano, Federico Varese.

venerdì 8 agosto 2008

Giovanni Avanti, presidente della Provincia di Palermo, ha nominato la giunta: 12 assessori, di cui due donne

Il presidente: "Amministratori di alto profilo e notevole professionalità, che sapranno lavorare uniti per il territorio". Alongi, Di Maggio, Vincenti, Falzone, Nasca e Dalì per il Pdl; Cerra, Tomasino, Porretta, Di Marco per l'Udc; Aulicino e Caronia per l'Mpa. Delusione nell'Udc di Corleone per la mancata nomina del vice-sindaco Pio Siragusa

“Una Giunta con amministratori di alto profilo e di notevole professionalità che saprà lavorare unita per il territorio”. Il Presidente della Provincia, Giovanni Avanti ha descritto con queste parole la nuova compagine di governo di Palazzo Comitini presentandola durante la seduta del Consiglio Provinciale presieduta da Marcello Tricoli.Come annunciato prima della sua elezione, il presidente Avanti ha diminuito il numero degli assessori e ha formato una “squadra” di dodici amministratori, tra loro due donne. Ad aprire la lista degli assessori Pietro Alongi (Pdl), 45 anni, consigliere provinciale uscente che ha guidato il gruppo di Forza Italia a Sala Martorana. A rappresentare il Movimento per l’Autonomia entrano in Giunta Armando Aulicino, 57 anni, già deputato regionale, e Marianna Caronia, ex consigliere comunale a Palermo, deputato e vice capogruppo all’Ars.
Nell'Esecutivo anche Salvatore Cerra (Udc), nato nel 1953, vive a Palermo dal 1974. Dal 2003 ha lasciato la divisa della Guardia di Finanza andando in pensione. E’attualmente direttore dello staff marketing e sviluppo del servizio 118. Con l’ingresso nella squadra di Avanti, dà il via alla sua carriera istituzionale.Torna a Palazzo Comitini, dove aveva ricoperto il ruolo di assesore all’Agricoltura nella precedente Giunta il trentaquattrenne Eusebio Dalì (Pdl), consigliere comunale a Palermo dal 2002 al 2007. Ma non è l’unico ritorno nella Giunta Avanti. E’ stato consigliere provinciale per tre consiliature il quarantaduenne Giuseppe Di Maggio (Pdl). E’ stato invece consigliere nella scorsa consiliatura e rieletto alle ultime consultazioni, il sessantaduenne Vito Di Marco (Udc).
Dario Falzone (Pdl), 47 anni, è stato Presidente del Consiglio Provinciale dal 1998 al 2003 e successivamente vice sindaco di Palermo e deputato regionale. Esordio in Provincia, invece per Michele Nasca. 51 anni, responsabile Enti Locali della segreteria provinciale di Forza Italia e amministratore unico di Amia Essemme. In Giunta anche Domenico Porretta (Udc), nato a Palermo nel 1955, vive a Caccamo, è pediatra. Ha alle spalle un’esperienza come presidente dell’Azione Cattolica. Consigliere uscente, è al suo terzo mandato e nell’ultima consiliatura è stato anche vicepresidente vicario dell’aula.
Gigi Tomasino, 37 anni, è stato consigliere provinciale per due consiliature, nell’ultima capogruppo dell’Udc e presidente della Commissione Viabilità. Chiude la lista in ordine alfabetico l’altra donna della squadra di Giovanni Avanti: Carola Vincenti che è stata Presidente dell’ottava Circoscrizione.
“Gli assessori – ha comunicato Avanti al Consiglio – giureranno in queste ore e l'8 agosto è già convocata la prima riunione di Giunta. Le deleghe verranno assegnate dopo la pausa di Ferragosto anche in base alle diverse sensibilità e professionalità dei componenti del governo provinciale. In ogni caso fin da ora i dodici assessori saranno il prezioso punto di contatto con il Consiglio, i Sindaci e tutti i cittadini del nostro territorio”.

Nella foto, sul divano, da sinistra: Vito Di Marco, Marianna Caronia, il presidente Giovanni Avanti, Carola Vincenti; nella fila dietro, da sinistra:Giuseppe Di Maggio, Domenico Porretta, Gigi Tomasino, Piero Alongi, Dario Falzone, Eusebio Dalì, Michele Nasca, Armando Aulicino, Salvatore Cerra

giovedì 7 agosto 2008

Coorleone, il "Palazzo". Volevano ripristinare "Piazza dei Privilegi"

Nella seduta del consiglio comunale di mercoledì sera, su richiesta dei consiglieri del Pd, l’assessore al bilancio, Francesco Vizzini, ha comunicato che nei primi giorni della prossima settimana la tesoreria del comune di Corleone (Banco di Sicilia-Unicredit) pagherà i mandati alle due coop sociali che hanno in affidamento la pulizia dei locali del comune e del Tribunale, in maniera tale che queste possano pagare i salari agli operai. È incredibile che le due coop non abbiano potuto anticipare i salari di un mese agli operai. È incredibile che, dopo dieci giorni, il “potente” tesoriere Banco di Sicilia-Unicredit non riesca a liquidare due mandati. Ma ancora più incredibile è che l’assessore “giochi” a giustificare Banco di Sicilia-Unicredit, piuttosto di pretendere la rapida soluzione del problema. Se l’essere un dirigente di Banco di Sicilia-Unicredit gli crea qualche imbarazzo, lo risolva… con coraggio…
Sempre mercoledì sera, ci voleva l’ordine del giorno di Lea Savona e Maurizio La Barba, due consiglieri comunali ex nicolosiani in procinto di spiccare il volo verso il sindaco Iannazzo, per movimentare la seduta. I due chiedevano il ripristino di un’ordinanza dell’ex sindaco Nicolosi del 2002, per riattivare la “Piazza dei Privilegi”, cioè la piazza del municipio (piazza Garibaldi) da riservare al parcheggio delle auto dei consiglieri comunali. “In questa maniera potremmo parcheggiare immediatamente e partecipare ai lavori delle commissioni e del consiglio”, era la giustificazione. E l’assessore Carlo Vintaloro aveva quasi detto “si può fare…”. “È incredibile l’arroganza e la superficialità con cui certi consiglieri vanno a caccia di privilegi, piuttosto che a garantire diritti uguali per tutti”, ho detto. Aggiungendo: “Ma per forza sotto il municipio dovete parcheggiare? Lasciate la macchina a casa o più lontano!”. Colti con le mani nel sacco, i sostenitori dell’odg ne hanno ridimensionato il contenuto, modificandolo. Si sono limitati a chiedere all’amministrazione comunale di trovare una soluzione per il parcheggio delle macchine dei consiglieri. Se lo sono votati con l’astensione del Pd.
Prima dell’approvazione all’unanimità di una piccola variazione di bilancio (somme in entrata della legislazione sul terremoto per ristrutturare l’ex Moschea araba e per l’edilizia privata), sollecitata da chi scrive, che ha denunciato l’esaurimento delle somme per l’assistenza domiciliare integrata (il comune ha già rifiutato l’assistenza ad una paziente per mancanza di fondi), l’amministrazione comunale ha assunto l’impegno di risolvere il problema con una successiva variazione del bilancio comunale o con una rimodulazione del piano di zona.
Dopo il ritiro da parte del sindaco di due importanti punti all’ordine del giorno (l’approvazione dello statuto del nuovo Ato-Rifiuti e la nomina del nuovo Collegio dei rivosori), la solita tiritera del rinvio della seduta al… 18 o al 19 agosto! “Ma state scherzando? Che senso ha trascinare questo consiglio comunale senza più punti importanti all’ordine del giorno verso un’altra seduta due-tre giorni dopo Ferragosto? Si, il gettone. Si, la giornata libera. Ma c’è un limite a tutto!”, mi è scappato di dire. Poi. fortunatamente, è mancato il numero legale, che ha chiuso definitivamente la partita. (d.p.)
FOTO. Corleone, piazza Garibaldi.

martedì 5 agosto 2008

Consiglio comunale di Corleone: sostegno agli operai senza salario, poi scaramucce e rinvio...

L’unica cosa seria e concreta che ha fatto ieri sera il consiglio comunale di Corleone non era nemmeno iscritta all’ordine del giorno. Su nostra sollecitazione (mia e del consigliere Schillaci), è intervenuto a sostegno degli operai che svolgono il servizio delle pulizie nei locali del comune e del tribunale, lasciati senza salario dal giugno scorso dalle due coop sociali da cui dipendono (“Spazio Libero” e “Life”). «Non possiamo pagarvi perché il comune non ci ha pagato le fatture per il servizio reso», si sono giustificati i due presidenti. Una motivazione che non sta in piedi, perché un datore di lavoro ha comunque l’obbligo di pagare i salari ai dipendenti, anche se la difficoltà è innegabile. L’intero consiglio comunale, quindi, ha sostenuto le ragioni degli operai (una delegazione di lavoratori iscritti alla Cgil era presente alla seduta consiliare), invitando l’amministrazione ad attivarsi per pagare le competenze alle due cooperative. «I mandati sono già in banca – ha detto l’assessore al bilancio Francesco Vizzini – e domattina solleciterò l’immediato pagamento». Poteva pensarci prima, ma così andavano (vanno) le cose al comune di Corleone nel … Terzo Millennio dell’Era cristiana.
Dopo questo fuori-programma, il presidente ha comunicato la formazione di nuovi gruppi consiliari: quello dell’Mpa (Franco Di Giorgio presidente, Leo Colletto e Calogero Di Miceli componenti), quello di “Azzurri per la libertà” (Mario Lanza e Giuseppe Nicosia, già comunque litigati, perché quest’ultimo si è dichiarato indipendente) e quello di “Partecipazione per Corleone” (Maurizio la Barba e Fausto Iaria). Un vero e proprio “fiorire” di gruppi consiliari, quasi uno ogni due consiglieri. D’altra parte, 36 ore mensili di permessi retribuiti fanno comodo, alla faccia di Brunetta e dei costi della politica!
Quindi, si è insediato il consigliere Angelo Cancemi (vicino ad An), in sostituzione di Mauro Di Vita, che ha dovuto dimettersi perché eletto consigliere provinciale. Poi solo scaramucce. Una montagna di verbali da approvare (da ottobre 2007 all’altro ieri), che abbiamo preteso fossero letti uno per uno per protesta contro il madornale ritardo con cui venivano portati all’esame dell’aula. Ma i consiglieri di maggioranza, nonostante ormai siano almeno 16 su 20, hanno scelto di far mancare il numero legale. Tutto rinviato ad oggi alle ore 19.00, quindi. Ed oggi – si sa - è un altro giorno: un’altra giornata di permesso retribuito in ufficio e un altro gettone di presenza… (d.p.)

P.S. Ecco i nomi dei consiglieri presenti e del consiglieri assenti quando è stato sciolta la seduta per mancanza di numero legale:
Presenti:
Bentivegna, Bruno, Giandalone, Iaria, Lanza, Macaluso, Nicosia, Paternostro, Piazza, Sorisi.
Assenti: Cancemi, Cardella, Colletto, Di Giorgio, Di Miceli, La barba, Labbruzzo, Marino, Savona, Schillaci.