sabato 11 aprile 2009

"Il boss si traveste da frate". Blitz a vuoto nel monastero di Piana degli Albanesi

di Gabriele Isman
Blitz dei carabinieri nel monastero greco ortodosso di Piana degli Albanesi, in cerca del boss Domenico Raccuglia. Un centinaio di militari, col supporto di un elicottero, hanno perlustrato anche la cripta, senza successo. Secondo alcuni testimoni, in passato il latitante si è travestito da frate

Un boss che si in passato si era travestito da frate per allungare la propria latitanza. Un monastero importante ma con molti spazi utili per nascondere un uomo in fuga. I carabinieri che partono in una maxi perlustrazione e che, soltanto per un soffio, mancano l´obiettivo. Sembra la trama di un romanzo giallo, ma invece è esattamente quanto accaduto giovedì, due giorni fa, a Piana degli Albanesi. Intorno alle tre del pomeriggio un centinaio di carabinieri ha perlustrato da cima a fondo il monastero cercando tracce del superlatitante Domenico "Mimmo" Raccuglia, il boss quarantacinquenne nato ad Altofonte e che, secondo diversi investigatori, sarebbe l´uomo forte della mafia in provincia. Una perlustrazione davvero accurata, in base a quanto si mormora nel paese a 24 chilometri da Palermo. I carabinieri, alcuni arrivati in macchine di servizio e altri in vetture senza contrassegni, coadiuvati da un elicottero che a lungo ha volteggiato sui cieli di Piana, sono entrati nel monastero, dove però hanno trovato soltanto il custode e alcuni operai che stavano eseguendo lavori nella struttura risalente al 1590. Pochissimi i sacerdoti, e, soprattutto, nessuna traccia di Raccuglia. Dopo aver visitato l´interno del monastero i carabinieri hanno anche ispezionato i cunicoli sotterranei che dal luogo caro alla fede circondano Piana, ma non è servito a nulla. Il giorno dopo gli investigatori si rifiutano di rispondere a qualsiasi domanda sulla perlustrazione. «C´era un uomo mai visto fino a qualche giorno fa, ma poi, come era arrivato, così è sparito. Pare che fosse davvero Raccuglia», dice un anziano del paese che naturalmente preferisce non essere citato. Il boss sarebbe arrivato da solo, si sarebbe nascosto per qualche tempo dentro al monastero, eclissandosi qualche giorno fa, sempre da solo, così come era arrivato. In passato si sarebbe anche travestito da frate per evitare di essere arrestato e allungare la sua latitanza che dura da 13 anni.
"U veterinario" - come tanti dentro Cosa nostra chiamano Raccuglia - è latitante dal 1996. Condannato a tre ergastoli per associazione di stampo mafioso, rapina, estorsione e omicidio, non è soltanto l´erede di Giovanni Brusca alla guida del mandamento di Altofonte. Due anni fa sembrava molto vicino ad assumere l´eredità di potere di Binnu Provenzano: il progetto, secondo quanto risulta dalle indagini, sarebbe fallito soltanto per la mancanza di potere economico e di killer abili. Lui stesso ha ucciso: il suo primo ergastolo arrivò dopo che, nel 1994, per ordine di Brusca, uccise Girolamo La Barbera, padre di quel Gioacchino che si era pentito. Il secondo ergastolo è per gli omicidi degli anni Novanta, il terzo per aver partecipato al sequestro e all´uccisione di Giuseppe Di Matteo, sciolto nell´acido ad appena 11 anni per vendetta nei confronti del padre, Santo, un altro pentito eccellente.Anche Giusy Vitale, la sorella di Vito che ha scelto di collaborare con la giustizia, ha parlato di Raccuglia, raccontando ai magistrati il suo tentativo - assieme ad altre figure di primo piano di Cosa Nostra come lo stesso Brusca e Matteo Messina Denaro - di mettere da parte Provenzano. Progetto poi fallito. Eppure resta l´immagine del super boss vestito da frate. Un rapporto complesso quello tra mafia e religione. Quando Provenzano fu sorpreso a Montagna dei Cavalli, aveva cinque Bibbie con sé: quella piena di annotazioni è ancora allo studio degli esperti per capire se possa nascondere un codice segreto. Difficile dimenticare i continui incipit dei suoi pizzini - «Carissimo, con gioia ho ricevuto tue notizie, mi compiaccio tanto nel sapervi a tutti in ottima salute. Lo stesso, grazie a Dio, posso dire di me» - o la vera e propria conversione religiosa che colpì Pietro Aglieri. Con Raccuglia è arrivato anche il travestimento da frate.
(La Repubblica, 11 aprile 2009)

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