lunedì 3 agosto 2009

Mafia/ Rita Borsellino: "Mancino ha perso la memoria sull'incontro con Paolo"

di Floriana Rullo
Mafia e Stato, una trattativa che da sempre interroga i magistrati. Un rapporto che sembra aver portato alla morte il giudice Paolo Borsellino, personaggio scomodo per i vertici di Cosa Nostra. Una trattativa cercata da Cosa Nostra per avere dei vantaggi di cui non godeva: tra cui l'abolizione dell'art. 41 bis (che prevede il carcere duro per i boss). E poi tanti misteri. Mai risolti. Celati dietro la morte dei due magistrati, nascosti dietro incontri da sempre negati (come quello di Mancino e Borsellino) e dietro documenti cancellati e mai trovati. Dopo la riapertura delle indagini e dell'interessamento del Copasir sulla strage di via d'Amelio Affaritaliani ha intervistato Rita Borsellino, sorella di Paolo Borsellino per capire a cosa dovranno portare le nuove inchieste di Caltanissetta.

Rita Borsellino, dopo la riapertura delle indagini crede che qualcosa si stia muovendo e che finalmente si arriverà alla verità sulla morte di Paolo Borsellino?
Noi abbiamo sempre aspettato che arrivasse la verità. Sinceramente ci sono stati dei momenti in cui abbiamo disperato. Oggi, dopo la riapertura dell’inchiesta si sta indagando su direzioni diverse. Direzioni che dovevano essere percorse molto tempo fa. Sicuramente la cosa è positiva. Il nostro timore è che, dopo aver visto la luce, si possa ritornare nel buio. E già arrivano le prime notizie inquietanti. Adesso qualcosa viene alla luce, ma incomincia anche a sparire qualcosa…In questo paese ci sono troppe sparizioni…

Come la scheda telefonica che Ciancimino consegnò alla procura di Palermo e che testimonia l’esistenza di un’uomo dei servizi segreti che aveva rapporti con la mafia…
Si come la scheda preannunciata da Ciacimino . E ora attendiamo che metta fuori questo papello prima che sparisca anche quello…

Ma lei allora crede che esista il papello che proverebbe il legame tra lo Stato e la Mafia?
Certo che esiste. Non ho dubbi, se ne parlò nei giorni dopo la strage. Poi non si disse più nulla. Ma nei giorni dopo le stragi si parlò di tante cose di cui non si è parlato più. Adesso si sta ritornando a quelle cose dette e poi abbandonate. Facciamo in modo che dopo 17 anni non passino di nuovo inosservate…

Di che cosa parla esattamente?
Si è parlato del papello, dei servizi segreti che potevano essere implicati, si è parlato di Castel Utveggio come luogo da cui potrebbe essere partito l’impulso della strage. Non erano solo ipotesi. C’erano indizi che non erano stati approfonditi. Si è parlato dell’agenda rossa, del fatto che era stata portata via. Poi è calato il silenzio per tanti anni da parte di chi avrebbe dovuto scoprire la verità. Noi abbiamo continuato a parlarne. Ora che ciò diventa oggetto d’indagine sicuramente si riapre la speranza, ma anche la preoccupazione che si possano far sparire per sempre...

L’agenda rossa e i molti misteri. Il magistrato Ayala sostiene di aver consegnato la borsa ai carabinieri…
I carabinieri l’hanno consegnata a qualcuno, tra questo qualcuno ci dovrebbe essere Ayala. Il magistrato Ayala l’ha riconsegnata ai carabinieri. La borsa è stata ritrovata sul sedile, sottratta dal sedile, ritrovata sul sedile: certo è che in tutti questi passaggi l’agenda rossa è sparita.

Ayala ha dichiarato ad Affari: “La borsa nera di Borsellino l'ho trovata io, dopo l'esplosione, sulla macchina. Che ci fosse nessuno lo può sapere meglio di me, perché l'ho presa io. Ma io sono arrivato per primo sul posto perché abito a 150 metri. Quando l'ho trovata l'ho consegnata ad un ufficiale dei carabinieri. E' verosimile che l'agenda fosse dentro la borsa e che sia stata fatta sparire”. Che cosa ne pensa?
Abitava lì dietro, lo so bene perché ci abito anche io. Noi abbiamo le immagini di un carabiniere, che poi è Giovanni Arcangioli, che dice che l’ha presa e consegnata a qualcuno. Poi è stata riportata sul sedile. Abbiamo le immagini della borsa che va via e si ritrova nella macchina. Non metto in dubbio le parole di Ayala. Ma in questi passaggi l’agenda rossa è sparita. Dobbiamo capire dove quando e perché. Il perché lo possiamo intuire, ma dobbiamo capire dove e quando.

Quindi l’agenda esiste davvero…
Certo che esiste. Se incominciamo a mettere in dubbio che esista dalle nostre parti si dice laviamoci i manu e non ne parliamo più. E che cos’è una favola?

False dichiarazioni, misteri su via D’Amelio. I magistrati di Caltanissetta si stanno concentrando sul verbale d’interrogatorio di Scarantino del '94, verbale pieno di annotazioni. L’agente dichiara che fu Scarantino a dettargli le note, lui smentisce. Ma questi elementi risolverebbero molti dubbi, se veri, sul rapporto Stato –mafia e soprattutto sul depistaggio ideato da qualcuno…
Scarantino ha detto e si è smentito centomila volte. Non ci meraviglia. Qui si tratta di appurare la verità dopo 17 anni, dopo che sono state fatte tante operazioni e tante cose. Dove ognuno racconta la sua verità. Qui la scommessa è quella, dopo 17 anni quando tutto è più difficile, capire qual è la verità. Perché non esistano più verità. E’ una sola. Qui bisogna trovare il bandolo della matassa e scoprirla…

La strage di Capaci fu una stage di mafia con interessi di Stato, quella di via d’Amelio una strage di stato con interessi di Mafia.
Si. Le dico una cosa oggetto di deposizioni durante il processo Paolo disse: “Quando mi ammazzeranno ricordate che non fu soltanto mafia”

Ciò che sosteneva anche Falcone quando nel giorno dell’attentato dell’Addaura nell’89 disse che a tentare di ucciderlo fu chi quel giorno lo chiamò per primo…
Certo, le così dette menti raffinatissime. Si è voluto far finta che questo non esistesse. Ci sono molte responsabilità, perché altrimenti si sarebbero seguite delle piste che non sono state seguite
Due colleghi di Marsala di Paolo Borsellino hanno messo a verbale le loro parole. "Un giorno di quell'estate siamo andati a trovare Paolo nel suo ufficio a Palermo, era stravolto. Si è alzato dalla sedia, si è disteso sul divano, si è coperto il volto con le mani ed è scoppiato a piangere. Era distrutto e ripeteva: "Un amico mi ha tradito, un amico mi ha tradito..."".
Se l’ha detto mio fratello è vero. Mi chiedo perché parlare dopo 17 anni. Non so se non venne preso in considerazione, come tante altre cose. Ma se l’hanno detto dopo 17 anni è molto grave. Avrebbero dovuto riferire prima queste parole, se non altro per aiutare a capire chi era stato a tradirlo

Parliamo di Mancino. A quel tempo era Ministro dell’Interno. Ayala racconta che l’incontro con Borsellino c’è stato, l’agenda grigia di Borsellino lo conferma, lui continua a smentire....
Adesso si è dimenticato, la cosa ci spiace. Che cerchi di ricordarsi. Borsellino lo ha annotato sull’agenda. Era conosciuto, era la vittima designata. Il ministro dell’Interno avrebbe dovuto sapere che Paolo Borsellino era la vittima designata, così come tutti gli altri. E non dimenticare. Ha fatto una dichiarazione sinceramente che mi ha stupito e amareggiato. Ha detto: “Un ministro appena eletto e un magistrato che cosa avrebbero dovuto dirsi”…Credo che avrebbero dovuto dirsi tante cose e soprattutto credo che un ministro dell’Interno appena insediato avrebbe dovuto chiedere tante cose a Paolo…cosa che non ha fatto.

Secondo lei ci fu un’accelerazione nell’uccisione di suo fratello perché aveva scoperto troppo ed era diventato un pericolo?
E’ un fatto oggettivo ed è oggetto di una sentenza in cui si parla di un’accelerazione nella decisione di uccidere Paolo Borsellino e oggetto di una dichiarazione pubblica alla biblioteca comunale. Borsellino dice:“ Io so delle cose di cui parlerò solo alle autorità giudiziaria” Che non gliele chiese o non potè farlo…

Si parla ancora di un uomo senza nome presente sia sulla strage di Capaci che su quella di via d’Amelio…Non l’abbiamo mai visto. Forse sarebbe meglio anche lì cercare di capire la verità …. E poi c’è la telefonata fatta una manciata di secondi dopo l’attentato che raggiunge il capo palermitano dei servizi, Contrada in gita nel golfo di Palermo su una barca…
Si, quelle in oggetto delle perizie di Genchi, di lui ho grande stima.

La stessa che ha per Ayala?
Lui sta raccontando la sua verità, ciò che ha vissuto, anche se mancano dei pezzi. Che magari non conosce. Cioè le premesse e le conseguenze di quella situazione. Lui racconta il suo momento…Ora vorremmo che altri raccontassero le loro

Le parole di Riina, crede che lui conosca la verità?
Lui sa sicuramente. Il fatto che lancia messaggi inquietanti mi fa pensare che stia lanciando messaggi a qualcun altro per fagli capire che non solo sa, ma che probabilmente è anche disposto a raccontare se si creano le condizioni adatte. E’ chiaro che è un messaggio quello che lancia. Bisogna vedere a chi e perché questo è oggetto di lavoro da parte dei magistrati e della procura di Caltanissetta che hanno il grande merito di aver ripreso in mano questo lavoro

La strage di via D’Amelio. Spatuzza smentisce Scarantino sul furto della 126 che uccise Borsellino. Che cosa ne pensa?
Scarantino si smentisce sempre da se. E’ un pentito poco affidabile. Ho l’abitudine, proprio per quello che mio fratello mi ha insegnato, di fidarmi di sentenze e giudici. Spatuzza parla adesso, racconta la sua versione e viene ritenuto attendibile perché questi fatti sono stati riscontrati. Se quindi è un collaboratore attendibile, nel senso che sta raccontando la verità, bisogna allora capire perché Scarantino si auto accusa per ciò che non ha commesso.

Perché lo fa?
Ci saranno tanti motivi ma certo che auto accusarsi di una cosa del genere non è una cosa da poco. Non può essere frutto della mente di Scarantino che è una persona non di altissimo livello dal punto di vista ampio della cultura.

Che cosa si aspetta ora dalla riapertura delle indagini?
Che non passino altri 17 anni per avere altri pezzi di verità. Mi aspetto la verità. Ma il fatto che si ricominci a parlare di sparizioni è la cosa che mi inquieta di più.

Salvatore Borsellino sostiene che il pm Lari non verrà fermato se non con il tritolo. E’ d’accordo?
Ho grande stima di Lari, lo conosco. Ha avuto il coraggio e la determinazione di andare avanti. Mi auguro che chi gli deve proteggere la vita lo faccia. Non possiamo permetterci un altro Borsellino

Caselli sostiene che l’Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia. E’ vero?
Si. Perché il terrorismo attaccava al cuore lo Stato, il suo nemico era lo Stato. Con la mafia ci sono troppe commissioni, troppi interessi convergenti. La mafia è uno Stato nello Stato, il terrorismo è invece l’anti Stato. Questo il motivo. Putroppo ci sono sentenze passate in giudicato e realtà e verità che ci mostrano che i rapporti tra uomini dello stato ci sono state. Ci sono state complicità e intromissioni. Lo stato per me è sacro, le istituzioni sono sacre. Gli uomini un po’ meno.

Si è fatta un’idea su chi possa aver voluto la morte di suo fratello?
Se avessi avuto un idea sarei corsa a raccontarla. Ma so bene che non si possono raccontare ipotesi. Solo fatti.

Da "Affaritaliani.it", 03.08.2009
FOTO. Dall'alto: Rita Borsellino; il carabiniere Giovanni Arcangioli con la borsa di Paolo Borsellino dov'era l'agenda "rossa".

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