domenica 18 aprile 2010

Massimalismo in pillole

di Daniela Minerva
I vescovi si aggrappano alla destra su aborto e contrac- cezione perché la Chiesa sta vivendo una crisi dramma- tica. E in Italia non ha un vero interlocutore. Così la Lega ne approfitta.
Colloquio con Massimo Cacciari
Questioncelle che riguardano solo l'Italia: Massimo Cacciari non dà grande peso alla bagarre sulla pillola abortiva Ru486. Disponibile negli ospedali a partire dal 1 aprile, in ritardo di anni rispetto agli altri paesi europei e agli Stati Uniti, il farmaco che induce chimicamente l'interruzione di gravidanza e rende più agile, dal punto di vista medico-sanitario, l'intera procedura, è stato autorizzato con l'incongrua richiesta del governo e del Consiglio superiore di sanità di essere somministrato solo nel corso di un ricovero.
Di questo non c'è necessità medica, e gli addetti ai lavori hanno detto che si tratta unicamente di un modo per appesantire l'iter con ovvia ricaduta sullo stato della donna. Già su questo regioni, governo e sanitari litigavano da alcune settimane, quando è arrivata la presa di posizione dei neogovernatori leghisti, Roberto Cota e Luca Zaia: all'indomani dell'elezione hanno dichiarato che non renderanno disponibile la Ru486 nei loro territori. Ma non possono farlo perché il farmaco è ora approvato su tutto il territorio nazionale. È vero che i due, realizzato lo scivolone, hanno fatto marcia indietro in 24 ore, ma resta aperta la questione di quanto le gerarchie ecclesiastiche possano dettare l'azione di governo del centrodestra.

Professor Cacciari, la vicenda della Ru486 sembra indicare che oggi sono le forze politiche del centrodestra a rappresentare i valori del Vaticano sulle questioni della vita. È così?
"Macché. Questa della pillola abortiva è una storia grottesca. Non esiste sulla faccia della Terra un posto dove ci si possa scannare per una faccenda del genere. È ovvio che un farmaco come questo deve essere reso disponibile nei modi più semplici: non c'è discussione, da nessuna parte nel mondo. Tranne che in Italia dove la Chiesa si aggrappa a queste battaglie massimaliste perché non trova un interlocutore serio. E agli uomini del centro-destra non pare vero di avere una simile occasione".

Le pare che la Chiesa sia disponibile a mediare sulle questioni della vita?
"La Chiesa sta vivendo una crisi drammatica a livello planetario. Perde peso nei paesi tradizionalmente ad essa legati come la Spagna e la Polonia; è sotto accusa per le colpe dei preti pedofili; sopporta la crisi delle vocazioni; fa fatica a tenere il passo con le istanze della secolarizzazione ovunque. Se non capiamo questo, non possiamo comprendere quello che sta accadendo in Vaticano. La grandezza profetico-carismatica di Giovanni Paolo II copriva questo travaglio che, invece, è venuto drammaticamente alla luce con Benedetto XVI, un papa più debole dal carisma appannato. Dobbiamo partire da qui per evitare che, in queste contingenze, le gerarchie cattoliche si saldino con le forze di governo".

Non è già accaduto?
"Il centrodestra ha una posizione indecentemente strumentale. Specialmente nelle regioni da sempre bianche come il Veneto del governatore Zaia. Ma nessuna delle parti politiche oggi in campo ha un rapporto privilegiato con la Chiesa come aveva la Dc".

Perché?
"Caduta la Democrazia cristiana, con Tangentopoli, nessuno è riuscito a porsi nei confronti delle gerarchie come un interlocutore credibile. E così i vescovi devono di volta in volta fidarsi di quelli che si mettono sulle loro posizioni. Io ho sperato che sarebbe stato il Pd ad avere un rapporto fiduciario con la Chiesa, ma così non è stato".

Fiduciario?
"Non penso a un partito che faccia gli interessi della Chiesa, ma che sappia dialogarci cogliendo il drammatico travaglio che essa sta vivendo che ha radici profondissime nella sua storia millenaria. Ma per farlo bisogna mettersi alla sua altezza, studiare, cercare di capire. Serve un partito che sia in grado di ascoltare: un interlocutore culturalmente e politicamente preparato a discuterne le istanze allo stesso livello. Come era la Dc di Moro, di Fanfani, di Andreotti".

Che erano leader cattolici; nel Pd, però, la componente laica è molto forte.
"Il Pd è un contenitore che mette insieme il demonio e l'acqua santa. È una sommatoria di posizioni: i laicisti, Ignazio Marino, fino a poco tempo fa Paola Binetti. Ma nessuno ha elaborato un discorso sulla Chiesa, che, paradossalmente, era più maturo nel Pci, con intellettuali come Franco Rodano, tra gli altri".

Il Pd non dovrebbe conservare una prospettiva laica?
"Laico è colui che non si affida a nessun dogma, a nessun pregiudizio. E cerca di arrivare a un accordo attraverso il dialogo e la conoscenza. Nel Pd non c'è niente di tutto ciò".

Non mi dica che c'è nella Lega?
"La Lega è una forza totalmente secolare e non ha niente a che fare col cristianesimo. Qualunque cristianesimo poggia su alcuni valori fondamentali che fanno a pugni con le idee dei leghisti, e la questione dell'accoglienza degli immigrati ne è l'esempio più lampante".

Non sull'aborto, però.
"Nella Chiesa c'è anche, e forte, il valore della tradizione: il discorso sull'aborto, sulla contraccezione, sul fine vita. E io credo che essa sbagli a difendersi in maniera così massimalista. Ma occorre cogliere anche altro: le gerarchie cattoliche hanno apprezzato in molte occasioni, e apprezzano in molti paesi, il cristianesimo maturo. È nel vuoto di dialogo con le forze politiche che il Vaticano reagisce alla sua crisi profonda difendendosi senza lasciare spazi".

(L’Espresso, 15 aprile 2010)

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