giovedì 1 luglio 2010

Ecco il "Mattinale" del Pdl: notizie a misura di Silvio

di FILIPPO CECCARELLI
Un fascicolo che arriva via e-mail ai maggiorenti del partito detta la linea del giorno che poi sarà ribadita in tv dai vari Cicchitto, Capezzone, Gasparri e Lupi. Un mix tra velina e catechismo berlusconiano
QUANDO il presidente Berlusconi se la prende con i giornali, o quando auspica uno sciopero dei lettori, non è dato di sapere che tipo di informazione precisamente egli vorrebbe. Da questo punto di vista, anche se non si tratta di un vero e proprio notiziario, né di un normale foglio d'agenzia come ne circolano da mezzo secolo nella politica italiana, Il Mattinale, e cioè il catechismo elaborato ogni giorno attorno a un tavolo di Palazzo Grazioli con la supervisione del sottosegretario-portavoce Bonaiuti e poi fatto pervenire in via più o meno riservata per dettare la linea alla nomenklatura del Pdl, è di certo un documento prezioso.
Nel senso che basta scorrerne titoli e sommari per capire che cosa il Cavaliere si aspetterebbe dai mezzi d'informazione e intanto si accontenta di leggere grazie a un gruppo di giovani promesse assistito da pensionati di grande esperienza. E quindi, giorno dopo giorno: "Governo, chiarezza e coesione", "G8: L'Italia, da protagonista", "Un biennio di cose fatte", "L'invidia ci insegue, la vinciamo", "I sondaggi rafforzano il premier", "Le aziende vedono la ripresa", "Le stime sorridono all'Italia", "Manovra necessaria. Per i giovani", "Il processo breve è un bene per tutti", "Palazzo Chigi difende il lavoro", "Esportazioni, crescita record", "I conti nella giusta direzione", "L'Europa deve ringraziare l'Italia", "Abbiamo un leader che decide", "Tranquilli, il popolo è con noi".
La tranquillità del berlusconismo pedagogico sembra in effetti più che garantita, almeno sul Mattinale. L'altro giorno, partendo dalla battuta sullo sciopero dei lettori, battuta su cui perfino Vittorio Feltri ha avuto a che ridire, una nota teorizzava con invidiabile nitore che nel paese, ben lungi dai pericoli che corre la libertà di stampa, vige in realtà "una licenza senza limiti di creare i fatti per poterli criticare", cosa ritenuta evidentemente incompatibile con la democrazia.
Sono venti cartelle, una in più una in meno, che arrivano via mail nel primo pomeriggio. La confezione è sobria, gli errori di stampa meritoriamente rarissimi, lo stile è freddo, grigio-istituzionale e senza svolazzi a parte le inconsapevoli scivolate tipo "Se Obama si comporta come Berlusconi" (ma c'è anche "Se Obama la pensa come Tremonti"). La varietà degli argomenti è ridotta; l'anonimato prevale su alcuni interventi riservati ai peones che si producono nel rito celebrativo dell'invocatio nominis del Cavaliere e del suo "capolavoro". Ma con le debite approssimazioni si potrebbe anche sostenere che formula curiosamente pre-televisiva fa de Il Mattinale l'epigono delle raccomandazioni del Minculpop, ma anche del Quaderno dell'attivista Pci anni cinquanta. Se tale ascendenza suona eccessiva, con maggiore sicurezza si potrebbe documentare che la celebre Velina di Vittorio Orefice, che del potere democristiano esprimeva le premesse simboliche e cognitive ai tempi della Prima Repubblica, figura al confronto un monumento al pluralismo e allo spirito critico.
"Magistratura superbia e pretese", "Gradimento, Silvio meglio di tutti", "Il vero Caimano è Veltroni", "Il modello Italia è vincente", "L'Italia vuole la separazione delle carriere", "Manovra: gli imprenditori applaudono", "Manovra promossa a pieni voti", "Una manovra da paese forte", "Dopo la manovra strada in discesa", "Dall'opposizione confusione e demagogia", "Governo efficienza e consenso". Abbastanza spassose, almeno per gli addetti ai lavori, sono anche le arrampicate sugli specchi che a Palazzo Grazioli compiono per aggiustare le frequenti gaffe e dare un senso alle periodiche improvvisazioni del presidentissimo. Così come, con il senno di poi, desta un amaro sorriso l'intervento che una preveggente mano ha intitolato: "Scajola: siamo la democrazia del fare".
Ma poi, a lungo andare, il buonumore s'infrange dinanzi al grado zero della semplificazione manichea, senza alcuno scrupolo articolata nella ripartizione "noi-loro". Noi buoni, s'intende, e loro cattivi. "Noi tuteliamo gli elettori, loro frenano la democrazia", "Noi aperti al confronti, loro profeti del tanto peggio", "Noi consapevoli delle priorità, loro sconfessati dal Colle". E' qui che, pur coscienti di come la politica sia un giochetto anche cattivo, si coglie l'ombra della sua negazione. In questo senso Il Mattinale assomiglia a una piccola antologia di totalitarismo in erba. O perlomeno il sogno di chi non solo non vuole, ma nemmeno concepisce che gli si possa dare torto.
La Repubblica, 1 luglio 2010

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