martedì 3 agosto 2010

In panne contro la mafia

di Umberto Lucentini
Le auto che dovrebbero proteggere i giudici e i testimoni minacciati sono vecchie, scassate e si fermano in mezzo alla strada. L'incredibile denuncia del sindacato di polizia siciliano
Sono giorni di tensione altissima a Palermo. Il ministero dell'Interno lancia l'allarme attentati: Cosa Nostra starebbe progettando nuove stragi. E dagli addetti alle scorte di "personalità a rischio" parte di nuovo un grido: siamo pochi e con mezzi inadeguati. L'urlo lo lanciano gli uomini senza volto e senza nome che a Palermo e in Sicilia proteggono magistrati antimafia minacciati dalle cosche, imprenditori che si sono ribellati al racket delle estorsioni, testimoni di giustizia chiamati a confermare le accuse a boss ed esattori del "pizzo" durante i processi. Poliziotti costretti all'anonimato dalle rigide regole del corpo ma che denunciano: le auto blindate che utilizziamo per proteggere le "personalità a rischio" spesso sono inadeguate.
«Ci sono vetture che hanno percorso 270 mila chilometri e si guastano troppo spesso, Croma con i vetri blindati bloccati e con l'aria condizionata fuori uso, altri mezzi che si fermano all'improvviso perché la batteria va in tilt o perché i radiatori vanno in ebollizione», scrivono gli agenti nelle denunce che finiscono sulla scrivania dei dirigenti sindacali del Siulp. Tanto che i sindacati adesso rilanciano: «L'ufficio scorte di Palermo, che in fatto di importanza è uno dei più grandi d'Italia sia per numero di persone impiegate in tali servizi sia per numero di persone da scortare, continua ad essere afflitto dai problemi di carenza di auto e di personale», dicono al Siulp. Tutto documentato, e segnalato da mesi, da poliziotti rimasti finora inascoltati.
L'ultimo caso di una blindata rimasta in panne a Palermo riguarda l'imprenditore Rodolfo Guajana: il 31 luglio del 2007, all'alba, la sua azienda è stata devastata da un incendio, lui ha denunciato tutto e da allora vive sotto protezione. L'auto blindata su cui viaggiava si è guastata di sera lungo la strada che porta a Mondello, la borgata marinara di Palermo: per il poliziotto addetto alla guida, e per il collega armato che segue Guajana come un'ombra, è scattato il massimo allarme. Anche perché l'impianto di illuminazione pubblico era spento. Una volante della Polizia Stradale li ha raggiunti in pochi minuti, l'imprenditore è stato portato a destinazione sano e salvo.
«Nell'ultimo anno», racconta Roberto Falcone, dirigente sindacale del Siulp, «si sono aggiunti tanti servizi di protezione soprattutto per imprenditori vittime della mafia che hanno deciso di denunciare il pizzo. Ma a questo aumento di servizi non ha corrisposto né un potenziamento del personale né un miglioramento del parco auto».
A Palermo sono dieci, negli ultimi mesi, i nuovi "obiettivi a rischio" che la polizia deve scortare e questo – secondo i sindacati – non ha portato al rafforzamento di uomini e mezzi. I poliziotti parlano di turni di servizio che vanno ben oltre le 6 ore previste e un taglio automatico allo straordinario che ogni mese tocca il 20 per cento delle ore effettivamente svolte.
Nel Reparto scorte lavorano 280 agenti con 20 auto blindate per 40 "personalità" da tutelare. Il tutto mentre in Italia, secondo il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, si scopre che ci sono circa 690 mila le "auto blu" utilizzate da politici per i loro spostamenti che costano allo Stato 4 miliardi di euro all'anno. Il guasto all'auto di Guajana non è il solo, recente intoppo di un sistema di sicurezza che dovrebbe girare come un orologio svizzero. Tra le vittime delle blindate che restano in panne anche il figlio del presidente del Senato, Renato Schifani: a febbraio l'avvocato che ha ricevuto minacce di morte è rimasto bloccato per mezz'ora nella galleria di Isola delle Femmine, lungo l'autostrada che da Palermo porta all'aeroporto.
Mesi prima, a subire uno stop imprevisto per un guasto, erano stati Annamaria Palma, magistrato della Dda di Palermo e ora capo di gabinetto del presidente del Senato, e Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo e titolare di delicatissime indagini anti-mafia (la sua auto blindata si bloccò lungo l'autostrada per Caltanissetta) in una zona deserta. «Il più delle volte, i poliziotti che devono iniziare il loro turno di scorta», racconta Vittorio Costantini, segretario generale del Siulp Sicilia, «aspettano in caserma che rientri il turno smontante per avere un'auto disponibile. I mezzi sono tropo pochi. A Palermo servono almeno altre dieci auto blindate per garantire un servizio a regime». Lo Stato arranca. E Cosa Nostra affila le armi.
L’Espresso, 30 luglio 2010

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