lunedì 20 giugno 2011

RIFLESSIONI SU MAFIA E FASCISMO

Cesare Mori, il "prefetto di ferro"
di ANGELO DONATELLI

Cosa nostra è un sistema economico-criminale organizzato sul territorio con una struttura gerarchico-militare che fa della violenza, della capacità di intimidazione soltanto uno strumento per accumulare ricchezze e incrementare il proprio potere. A questo scopo elabora strategie verso l’esterno, stringendo alleanze con pezzi della società ove agisce, intessendo una rete di relazioni, fino a connettersi con ambienti e soggetti del potere legale. È proprio questo modo di essere che distingue la mafia dalle altre organizzazioni criminali e che le ha garantito l’impunità e ha favorito, nel tempo, il ricambio dei suoi quadri.
La struttura gerarchico-militare di Cosa Nostra ha subìto duri colpi, tuttavia essa non è vinta perché la mafia è molto più della sua struttura gerarchico-militare. Per combatterla ci si deve sforzare anche di conoscerla, di scoprire dietro il boss catturato, la rete di relazioni, scambi e complicità di cui ha goduto e su cui ha costruito la sua forza.
In tal senso si colloca il processo di osmosi tra organizzazione criminale e potere legale che trova il suo anello di congiunzione nella società civile ma anche nelle sue strutture istituzionali come politici, professionisti, funzionari pubblici.
Combattere la struttura della mafia attraverso la cattura dei suoi componenti tralasciando le relazioni che Cosa nostra ha col potere legale è un grave sbaglio.
Il primo esempio di lotta in tal senso si ha nel periodo fascista, con tutti i caratteri peculiari che una lotta fascio-mafiosa può avere.
L’INIZIO
Il fascismo iniziò una campagna contro i mafiosi siciliani subìto dopo la prima visita di Mussolini in Sicilia nel maggio del 1924. Il 2 giugno dello stesso anno venne inviato in Sicilia Cesare Mori, prima come prefetto di Trapani, poi a Palermo dall’ottobre 1925, soprannominato il Prefetto di ferro, con l'incarico di sradicare la mafia con qualsiasi mezzo.
L'azione del Mori fu dura ed efficace. Centinaia e centinaia furono gli uomini arrestati e finalmente condannati. Celebre è l'assedio di Gangi in cui Mori assediò per quattro mesi il centro cittadino, in quanto esso era considerato una delle roccaforti mafiose. Durante l'assedio, i metodi attuati furono particolarmente duri e Mori non esitò ad usare donne e bambini come ostaggi per costringere i malavitosi ad arrendersi. In questa operazione venne arrestato il boss Vito Cascio Ferro.
Dopo alcuni arresti eclatanti di capimafia, anche i vertici di Cosa nostra non si sentivano più al sicuro e scelsero due vie per salvarsi: una parte emigrò negli USA, andando ad ingrossare le fila di Cosa nostra americana, mentre un'altra restò in disparte.
La propaganda fascista dichiara orgogliosa che la mafia è stata sconfitta: tuttavia l'attività di Mori e del procuratore generale Giampietro aveva avuto drastici effetti soltanto su figure di secondo piano, lasciando in parte intatta la cosiddetta "cupola" (composta da notabili, latifondisti e politici).
LA SVOLTA
Il "prefetto di ferro aveva svolto un importante attacco alla struttura gerarchico-militare a Cosa nostra ma capì molto presto che le indagini dovevano essere svolte anche tra gli ambienti a prima vista estranei, come potevano essere gli ambienti politici di quel tempo. Scoprì così collegamenti mafiosi con personalità di spicco del fascismo come Alfredo Cucco, che fu espulso dal PNF, e Antonino Di Giorgio. Tuttavia l’accusa di mafia in entrambi i casi venne avanzata, si scoprirà più tardi, solo per compiere vendette e colpire individui che nulla c'entravano con la mafia; mafia che invece da questo apparente indebolimento, ne trasse beneficio riuscendo, dopo l’espulsione di Cucco dal PNF, a insediare in quest’ultimo dei latifondisti dell'Isola che erano vere personalità colluse e contigue alla mafia.
I veri mafiosi che erano anche membri del PNF avevano infatti il favore di Benito Mussolini. Tra i mafiosi protetti dal regime fascista c'erano: il principe Lanza di Scalea, Epifanio Gristina, il barone Vincenzo Ferrara, i baroni Li Destri e Sgadari. Questi ultimi furono processati, ma vennero assolti essendo amici del duce Benito Mussolini. Il principe Lanza di Scalea fu uno dei candidati nelle liste del PNF per le amministrative di Palermo mentre a Gangi il barone Li Destri, pure candidato del PNF, era protettore e capo di banditi e delinquenti.
L’AZIONE DI MORI
I cardini principali dell'azione di Mori, forte della carta bianca che gli era stata attribuita da Mussolini in persona, e assistito da uomini quali il nuovo Procuratore Generale di Palermo da lui nominato, Luigi Giampietro, e il delegato calabrese Francesco Spanò - furono:
• Cogliere un primo importante successo con un'operazione in grande stile per riaffermare l'Autorità dello Stato e dare un segnale forte (l'occupazione di Gangi).
• Riottenere l'appoggio della popolazione impegnandola direttamente nella lotta alla mafia.
• Creare un ambiente culturalmente ostile alla mafia, combattendo l'omertà e curando l'educazione dei giovani e stimolando la ribellione contro la mafia
• Combattere la mafia nella consistenza patrimoniale e nella rete di interessi economici.
• Ripristinare il normale funzionamento e sviluppo delle attività produttive della Sicilia
• Condannare con pene severe e implacabili i criminali sconfiggendo il clima di impunità.
L'azione di Mori si rivelò in tutta la sua clamorosa efficacia sin dal primo anno: nella sola provincia di Palermo gli omicidi scesero da 268 nel 1925 a 77 nel 1926, le rapine da 298 a 46, e anche altri crimini diminuirono drasticamente.
Pentiti mafiosi dell’epoca hanno riconosciuto il grave stato di difficoltà nella mafia sia durante che dopo quegli anni: questo perché Mori non si occupò solo degli strati più bassi della mafia, ma anche delle sue connessioni con la politica - portando lo stesso Mussolini a sciogliere il Fascio di Palermo ed espellere Cucco, che pure era membro del Gran Consiglio del Fascismo.
Dopo il suo congedo, i vertici della mafia che avevano piegato il capo sotto la repressione del suo operato, colsero l'occasione dello sbarco degli Alleati in Sicilia per rialzare la testa, con gli Statunitensi che spesso li misero ai vertici delle amministrazioni locali siciliane, come sicuri antifascisti.

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